26 aprile 2024
Aggiornato 04:30
L'intervista

Fini: «La risposta occidentale al coronavirus è stata del tutto sproporzionata»

Massimo Fini, giornalista, scrittore e intellettuale, racconta al DiariodelWeb.it il fallimento della modernità di fronte alla pandemia: «La sconfitta di un modello»

Massimo Fini
Massimo Fini Foto: ANSA

Se la pandemia da coronavirus è stata un flagello imprevedibile che si è abbattuto sull'umanità, non altrettanto inevitabili sono stati i danni prodotti dalla nostra risposta. Le misure restrittive, le chiusure di massa, il distanziamento sociale, il panico collettivo hanno un'origine ben precisa: il fallimento della modernità. Che si è rivelato del tutto inadatto a rispondere a questo problema e, infatti, è collassato su se stesso. E chi poteva metterlo in luce meglio di Massimo Fini, giornalista, scrittore ma soprattutto intellettuale da sempre orgogliosamente antimoderno? Il DiariodelWeb.it lo ha raggiunto.

Massimo Fini, qual è la sua opinione sulla risposta complessiva che tutto l'Occidente, non solo l'Italia, ha messo in campo contro la pandemia?
Secondo me è stata del tutto sproporzionata al pericolo. Nel 1957 fummo colpiti dall'asiatica, ma nessuno si sognò di porre delle limitazioni del genere. Abbiamo avuto pandemie ben più inquietanti, ma non si sono mai presi provvedimenti come questi.

Insomma, il lockdown non è la soluzione?
Al contrario: dal punto di vista della salute, fa peggio del Covid. Sia per motivi psicologici che fisici. Se si impedisce di muoversi alle persone, soprattutto quelle anziani e fragili che dicono di voler proteggere, queste sono finite. Il movimento è essenziale per mantenere una salute decente, specialmente ad una certa età.

E qual è la ragione di questa risposta sproporzionata?
Che nella società occidentale contemporanea è stata cancellata la morte. Non si deve, anzi, non si può morire. La morte è l'unico fatto certo della vita, ma noi l'abbiamo scomunicata, proibita.

È diventata un tabù, avrebbe detto Freud.
Esatto. Del resto, non la si nomina nemmeno là dove sembrerebbe inevitabile. Prendiamo i necrologi dei giornali: c'è scritto di tutto, «la scomparsa», «la dipartita», «se n'è andato», «è tornato al Signore»... Ma la parola morte, ad indicare ciò che è veramente successo, non c'è. Questa rimozione non è mai esistita, nemmeno nei cosiddetti Secoli bui. Quando si aveva coscienza del fatto che la morte non è solo la fine inevitabile della vita, ma è la sua precondizione. Non ci sarebbe la vita se non ci fosse la morte.

Quindi lei crede di più nel fallimento complessivo del sistema predittivo e gestionale della modernità, piuttosto che in un complotto dei potenti che stanno guadagnando molto da questa pandemia?
Al complottismo non credo affatto: non sono così cretini né così intelligenti da mettere insieme qualcosa di questo genere. È la sconfitta di un modello. È semplicemente la reazione di un mondo che, avendo in testa il diritto alla felicità e il benessere, non sa accettare il fatto più elementare della vita. Morire non fa piacere a nessuno. Ma l'uomo medievale accettava la morte, perché conosceva i cicli della natura.

Ci siamo affidati ad una classe di scienziati e tecnocrati, che forse ci promettevano anche l'immortalità attraverso la medicina, invece si sono dimostrati totalmente inadeguati.
Certamente. All'immortalità, uno come Berlusconi ci crede davvero: vorrebbe vivere fino a 120 anni. È il mito della scienza che qui è caduto. Di fronte ad un'influenza, più aggressiva delle altre, ma non ad un morbo nuovo e sconosciuto, è andata completamente in tilt. Abbiamo sentito una serie infinita di opinioni di virologi e immunologi, ciascuna contraria alle altre. Ma io sono quasi contento.

In che senso?
Se aiuterà a capire che non c'è una scienza infallibile, forse sarà servito a qualcosa.

Di questa attesa quasi messianica del vaccino, come colui che ci salverà, invece, che idea si è fatto?
Un'idea di poca serietà. Per produrre un vaccino sicuro, soprattutto rispetto agli effetti collaterali a lungo termine, ci vogliono anni. Per quello anti-poliomielite gli studi cominciarono nel 1952 e furono validati nel 1954. Era il vaccino di Sabin, che non era definitivo. Bisognerà arrivare al 1964 per avere un siero veramente efficace, e infatti la polio fu sconfitta. Si sono gettati a corpo morto sul vaccino, accelerando i tempi, mentre forse era più ragionevole concentrarsi sulle cure. Possibile che non si sappia trovare una terapia per un'influenza particolare?

Molti medici affermano di avere trovato un protocollo che funziona, risultati alla mano.
Speriamo. Ma tutto il mondo cosiddetto ufficiale parla solo del vaccino. Che oltretutto non può essere risolutivo, perché non si possono controllare le varianti.

Abbiamo parlato della sconfitta della cultura, della società e della scienza. Ma mi verrebbe da dire che questa è anche la sconfitta della politica. Per l'ennesima volta, quando le cose si mettono male, tutti i partiti si mettono insieme e si affidano nelle mani di un tecnico.
Ma chi sono i politici? In Europa si contano sulle dita di una mano. E in Italia chi sono? Che spessore culturale hanno? Che vita hanno fatto? Sono arrivati in quelle posizioni in virtù della loro appartenenza ad un partito, e poi prendono decisioni che incidono anche sulla nostra vita. La debolezza della politica italiana non è un fatto di oggi, risale a molto tempo fa. Ci sono dei personaggi mediocri: infatti si è accolto Draghi come se fosse il salvatore della patria. Ma lui non può fare niente di diverso da ciò che hanno fatto gli altri.

Avendo tracciato uno scenario del presente così fosco, che futuro si aspetta?
Finché il modello di sviluppo continuerà ad essere questo, non si può andare che verso il collasso definitivo. Che sarà la soluzione: sarà un po' come il crollo dell'Impero romano, che diede origine al feudalesimo europeo. Capisco che ai ragazzi non si può dire di stare lungo il fiume ad aspettare la catastrofe, ma questo è certo. Il sistema si basa sulla crescita esponenziale, che però esiste in matematica, non in natura. Prima o poi non si può più crescere. E a quel punto, è il collasso.

Ci aspetta un'enorme crisi, che sarà poi seguita però da una rinascita. Quindi, alla fine, ci lascia con un po' di ottimismo.
Esattamente. Del resto, la parola crisi ha anche il significato di ricominciamento. Su un piano puramente pratico, però, per salvarsi durante questo periodo bisogna fare una cosa molto semplice, che hanno fatto alcuni gruppi di ragazzi del mio movimento Zero.

Quale?
Comprare un casale e un campo e imparare a lavorare la terra e a mungere le mucche. Non è semplice, anzi, è faticoso. Ma così si potrà vivere, per lo meno, una vita armonica ed equilibrata.