28 marzo 2024
Aggiornato 20:30
Governo

Il decreto sicurezza di Salvini «divide» il Movimento 5 stelle

Il primo scontro interno ai grillini è sul provvedimento «leghista». Una parte degli eletti non ci sta. Ma Di Maio frena: «Nessuno scontro». Ma è davvero così?

ROMA - Non è uno scontro. Non ci sono tensioni. Luigi Di Maio, capo politico del Movimento 5 stelle, getta acqua sul fuoco e a chi chiede una reazione in merito delle «tensioni» che starebbero emergendo tra i «suoi» parlamentari sul decreto sicurezza di Matteo Salvini risponde lapidario: «Nulla di diverso da quello che succede sempre nel Movimento». Una risposta che effettivamente trova conferma anche nelle parole dell'esponente 5 stelle maggiormente contrario al provvedimento 'leghista', Gregorio De Falco: «La dialettica sta migliorando il decreto sicurezza». Il riferimento è agli emendamenti - «migliorativi» - apportati anche dal presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, Stefano Borghesi (Lega), in particolare sui minorenni immigrati. Non solo. Il senatore De Falco ha smentito - «nessuna minaccia» - chi sosteneva che dai piani alti del Movimento qualcuno avesse chiesto la sua espulsione.

Cosa sta succedendo sul decreto sicurezza?
Matteo Salvini non ammette interferenze. Il decreto sicurezza è il «suo» decreto. Le condizioni con il Movimento 5 stelle sono chiare: silenzio leghista sul reddito di cittadinanza, silenzio grillino sul provvedimento del Carroccio: «Prosegue in Commissione al Senato l'esame del decreto sicurezza, senza alcuna polemica e con la maggioranza compatta nel nome del diritto alla Sicurezza. Si procede spediti, superato l'articolo 33, clima positivo e voglia di andare fino in fondo. Bene! Dalle parole ai fatti» ha twittato il ministro dell'Interno. Ma nonostante le smentite, le tensioni ci sono. E non è un caso che solo poche ore fa Di Maio abbia richiamato all'ordine le sue truppe, avvertendo i malpancisti - visto che di dissidenti al momento non si può (ancora) parlare - che «siamo sotto attacco» e «chi si sfila dovrà renderne conto».

Ma nel Movimento c'è chi dice no
Eppure, in casa 5 stelle i malumori restano e diversi eletti continuano a chiedere di modificare un provvedimento che considerano «contrario al programma del M5s». Al centro la questione immigrazione, soprattutto l’abolizione degli Spar alla stretta sui permessi umanitari, fino al diritto d’asilo. E se De Falco ha fatto un passo indietro, lo stesso non può dirsi per la collega Paola Nugnes che ha definito, senza giri di parole, il decreto «un provvedimento partito male» al quale ha annunciato voto contrario: «È mancata una sintesi già in consiglio dei ministri. È un provvedimento che produrrà effetti ancora più negativi sulla immigrazione irregolare». Soprattutto, «in caso di voto di fiducia in Aula, probabilmente mi asterrò». Anche questo dovesse portare alla sua espulsione dal Movimento? «Non ho avuto minacce e non sono ricattata. Sono in perfetto asse con i miei valori e con i valori della Costituzione. Sono portatrice della visione iniziale del Movimento e non condivido questa trasformazione alla quale stiamo assistendo». Una cosa è certa, per la senatrice: «Da Berlusconi a Renzi, ci si è abituati a un Parlamento come luogo di ‘spingibottoni’. Ma Grillo diceva che non sarebbe stato più così. Ora vogliamo una decisione assembleare».

Cosa contestano i (quasi) dissidenti
Due in particolare sono le norme finite al centro delle critiche da parte dei (quasi) dissidenti. A spiegarle, con due post su Facebook, è stata proprio Paola Nugnes. La prima è quella relativa al sistema Sprar: con il decreto sicurezza i percorsi di inclusione per i migranti sono infatti a rischio: «La preoccupazione è di veder distrutto il sistema che rappresenta una modalità virtuosa di accoglienza in quanto organizzata su scala locale per i richiedenti asilo». A pagarne le spese, secondo la senatrice del M5s, «sarebbero i sindaci, dopo i migranti stessi, perché questo decreto mina l’inserimento nella nostra società di persone che hanno bisogno di tutele legali, sanitarie, toglie loro il diritto di imparare l’italiano, di comprendere il nostro modo di vivere. Li abbandona, e se lo Stato abbandona queste persone, sarà la criminalità organizzata a farsi avanti». Poi si passa alla questione della legittima difesa. Qui la norma criticata è quell relativa alle coperture finanziarie per il gratuito patrocinio a chiunque usi armi per difendersi da furti o rapine. «Una cosa assurda ed assolutamente grave in un provvedimento che vuole 'sempre' ammessa la legittima difesa, mentre è del giudice la discrezionalità su questo aspetto. È una norma pericolosa, perché giustifica sempre comportamenti violenti anche non proporzionati all'offesa o al reale pericolo cui va subordinata la reazione, e giustificando anche la suggestione. Quel 'sempre' va tolto, che siano solo i giudici a decidere su questo».