Cottarelli se ne va con la coda tra le gambe ma senza rimpianti: io ministro? Non avrei accettato
Ci sono alcuni punti del programma giallo-verde per cui l'economista premier per un giorno non avrebbe mai accettato un incarico

ROMA - Carlo Cottarelli non sembra triste a vederlo. L'"umile servitore del popolo" se ne va con la coda tra le gambe, ma senza rimpianti. Che il premier designato solo per un giorno entrasse come ministro nel governo M5S-Lega, dice, non è mai stato sul tavolo come opzione. Secondo l’economista, che ha rimesso il mandato da presidente del Consiglio incaricato per cedere il passo all’esecutivo «politico» presieduto da Giuseppe Conte, questa ipotesi «non c’è mai stata. Se ci fosse stata non avrei accettato – ha spiegato a Radio Capital – perché ho detto che è un onore servire nel governo italiano, però bisogna essere d’accordo su certi obiettivi".
La questione del deficit
Ci sono infatti parti di programma che Cottarelli non condivide affatto: "Alcune mi vanno benissimo, come la parte sulla corruzione, la lotta all’evasione fiscale, ma c’è questa idea fondamentale che per crescere di più si deve fare più deficit pubblico... per un Paese che ha un debito pubblico già alto è troppo rischioso. Non conosco Paese al mondo che sia riuscito attraverso più deficit poi ad arrivare a ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil. Vediamo se queste idee funzionano». Sull’ipotesi che l’aumento del deficit possa attirare le manovre della speculazione internazionale, Cottarelli ha risposto: "Nell’immediato spero di no». La cosa importante per il governo sarà "stare attenti, non solo a quello che fanno, ma quello che dicono, soprattutto rispetto alla questione della partecipazione dell’Italia nell’area dell’euro, che per me deve essere fuori discussione visto ciò che è successo negli ultimi giorni».
Quanto durerà?
La durata del Governo, ha sostenuto l’ex commissario alla spending review, «dipende da quello che diranno e faranno. Sarà difficile realizzare tutte le promesse elettorali e poi dipende dal fatto che l’economia italiana possa essere colpita da shock. Noi siamo ancora fragili, dobbiamo muoverci per rendere l’economia più robusta, evitando uno shock dall’esterno».
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