20 aprile 2024
Aggiornato 15:00
Immigrazione

Accoglienza d'oro: meno sbarchi ma aumenta ancora la spesa per l'emergenza migranti. E a Bruxelles il paradosso dei paradossi

Nonostante il calo degli sbarchi sulle nostre coste, aumentano ancora le cifre che il Belpaese spende per affrontare l'emergenza migranti

La Guarda di Finanza mentre intercetta delle piccoli imbarcazioni di profughi nel Mediterraneo
La Guarda di Finanza mentre intercetta delle piccoli imbarcazioni di profughi nel Mediterraneo Foto: ANSA/UFFICIO STAMPA GUARDIA DI FINANZA ANSA

ROMA - Meno sbarchi, ma più spesa: aumentano ancora le cifre che il Belpaese spende per affrontare l'emergenza migranti. Quest'anno il costo complessivo potrebbe arrivare a 5 miliardi di euro, con un aumento del 15,7% rispetto alle uscite del 2017. Secondo le simulazioni del Ministero dell'economia e delle finanze contenute nel Def, la quota destinata all'accoglienza potrebbe arrivare a 3,4 miliardi di euro, a cui vanno sommati quasi un miliardo per il soccorso in mare e oltre 600 milioni per le voci sanità e istruzione. Le simulazioni considerano uno scenario di crescita nel 2018 che prende in considerazione il calo osservato nei flussi e considera una presa in carico di circa 500 minori non accompagnati aggiuntivi, a un costo medio di 45 euro al giorno. Inoltre, si aggiungono 31mila persone nelle strutture di accoglienza governative e temporanee, a un costo medio di 32,5 euro al giorno. Infine si calcolano 1.750 richiedenti asilo e rifugiati aggiuntivi nel sistema di protezione a un costo medio di 35 euro al giorno.

Meno sbarchi, ma...
Va detto che, come continua a ribadire il ministro uscente dell'Interno Marco Minniti, a partire dalla seconda metà del 2017 si è registrata un'inversione di tendenza nel numero di arrivi sulle coste italiane, grazie alle misure messe in atto nel Mediterraneo, con una riduzione del 67,7% rispetto all'anno precedente. L'andamento del primo trimestre 2018 «conferma la riduzione degli sbarchi, che risultano oltre il 70% in meno rispetto allo stesso periodo del 2017». Tuttavia la diminuzione degli sbarchi «non si riflette in una proporzionale riduzione della permanenza di persone con necessità di accoglienza». Il j'accuse riguarda in particolare «i limitati esiti dei piani Ue di ricollocamento». Di conseguenza, nonostante il rallentamento dei flussi, le presenze nelle strutture registrano un andamento crescente: dalle 176mila unità attestate a fine 2016 alle oltre 183mila a fine 2017, con picchi superiori a 193mila unità nel settembre dello scorso anno.

I numeri dell'accoglienza
La maggior parte dei rifugiati, spiegano dal ministero, «è ospitata in strutture provvisorie, poiché i servizi convenzionali a livello centrale e locale hanno capienza limitata». In particolare si sottolinea la presenza di una quota significativa di minori non accompagnati (circa 25.000 nel 2016 e oltre 15.000 nel 2017) e di un numero di richiedenti asilo in crescita (123.000 persone nel 2016 e circa 130.000 nel 2017). Sarebbe quindi la voce relativa all'accoglienza a far lievitare le spese per i migranti, come dimostrano anche i numeri del dossier: si passa dai 3 miliardi circa dello scorso anno a 3,4 miliardi di euro, con un incremento di 400 milioni. Finché Bruxelles non spingerà per una politica comune, «l'Italia continuerà a sostenere un onere attorno allo 0,26%-0,28% del Pil per la gestione della frontiera esterna dell'Unione».

Il documento di Italia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna
Per questo motivo Italia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna stanno tentando un pressing nei confronti della Commissione Ue e degli stati del Nord Europa affinché non siano lasciati soli, ancora. Tanto per darvi un numero, negli ultimi tre anni la frontiera di questi Paesi è stata varcata da tre milioni di persone alla ricerca dell’asilo o di qualche altra forma di protezione. Il prossimo 28 e 29 giugno a Bruxelles le capitali Ue si riuniranno per rivedere il regolamento di Dublino, o almeno questo dovrebbe essere l'obiettivo del summit. Sarà presentato un documento per cambiare rotta una volta per tutte. Ma il fatto che il nostro Paese sia ancora senza governo certo non aiuta il negoziato. Dublino in questi anni ha di fatto costretto gli Stati di primo approdo a tenersi tutti i migranti. Ma oggi, soprattutto dopo Briancon e Bardonecchia, anche un "aperto" come Emmanuel Macron sembra aver capito che i costi, anche in termini di gradimento politico, di politiche eccessivamente soft in materia di immigrazione non portano vantaggi, anzi. Macron chiede che le procedure di asilo vengano svolte ai punti d’ingresso (porti o aeroporti) dove gli stranieri andrebbero di fatto bloccati. Anche Angela Merkel parla di accoglienza ma preferisce che i profughi stiano lontani da Berlino, senza contare poi che le elezioni in Baviera a ottobre prossimo sono dietro l'angolo.

Il paradosso
La proposta oggi in discussione, come spiega bene Federico Fubini sul Corriere, prevede sì quote di redistribuzione negli altri Paesi, ma in modo restrittivo. Ne sono esclusi i migranti originari da Paesi considerati di solito sicuri, come Ghana o Costa d’Avorio e tanti altri - su questi la gestione e il controllo vengono di fatto imposti all’Italia -. E solo quando il flusso di nuovi arrivi nell’Unione Europea supererà il 160 per cento dei livelli dell’anno precedente, la Commissione Ue può presentare ai governi una «proposta» per distribuire fino a 200 mila richiedenti asilo fra i Paesi del club; ma la proposta di Bruxelles diventa davvero esecutiva e obbligatoria — a meno che un’ampia maggioranza di governi voti contro — unicamente a condizione che l’afflusso di stranieri superi il 180 per cento dei livelli dell’anno precedente. In pratica, le quote funzionano solo in caso di emergenze gravissime e solo se la maggioranza degli altri governi le accetta. Inoltre, né le quote né altri sistemi di solidarietà ai Paesi di primo approdo sono previsti sulle decine di migliaia di persone che, ogni anno, vengono salvate in mare e condotte nei porti del Meridione d’Italia. Praticamente un ossimoro.

"Stabile responsabilità"
Senza parlare poi della richiesta che l'Europa avanza nei confronti di Italia e Grecia: Bruxelles vuole allungare da uno a dieci anni il periodo di «stabile responsabilità». Cosa significa? Che d'ora in avanti un richiedente asilo uscito dall’Italia verso la Germania o la Francia potrebbe essere rispedito indietro per i dieci anni seguenti. Non servirebbe neanche più chiedere il permesso alle autorità italiane: basterebbe una «notifica» per riconsegnarlo alla frontiera.