28 marzo 2024
Aggiornato 22:30
Fakenews

«La rete non è (di) sinistra»: alla Camera l’incontro sulla comunicazione nel web

All’evento a cui DiariodelWeb.it ha partecipato come media partner i volti noti della nuova comunicazione hanno raccontato le loro esperienze

Il segretario del Partito democratico, Matteo Renzi, a 'Che tempo che fà' il 3 dicembre scorso
Il segretario del Partito democratico, Matteo Renzi, a 'Che tempo che fà' il 3 dicembre scorso Foto: Flavio Lo Scalzo | ANSA ANSA

ROMA – Le finte fake news; il fenomeno Trump; cosa e come comunicare su Internet: in un momento in cui il dibattito politico – e non solo – ruota attorno alle bufale, emerge sempre di più la sete di cittadini e utenti di conoscere le notizie al di fuori dei principali gruppi editoriali, con racconti che partono direttamente dalle persone. Il successo di esperienze come quelle di Luca Donadel o Tommaso Longobardi testimoniano proprio questa esigenza. E così ci si domanda: non è che le leggi volute per contrastare le fake news, siano solo uno strumento per controllare l’informazione?

La comunicazione politica online
Tra gli ospiti presenti all’incontro organizzato dal Centro studi politici e strategici Machiavelli e Nazione Futura c’era un veterano della nuova comunicazione: Antonio Palmieri, infatti, è colui che da sempre cura la presenza online di Forza Italia. «La realtà viene prima della comunicazione» ha osservato Palmieri, portando l’esempio di Donald Trump. Cinque anni prima di diventare il presidente degli Stati Uniti, infatti, l’imprenditore si candidò alle primarie repubblicane, ma fu spazzato via: «Quattro anni dopo, invece, fu lui a spazzare via tutti». Non solo: si deve tenere presente, inoltre, che nel 2012 Obama fu definito the Big Data President: «Il democratico basò la sua campagna elettorale arruolando alcuni potenti statistici che setacciavano la rete acquisendo il maggior numero di dati ed esigenze possibili sugli americani». Queste informazioni, una volta frullate, venivano utilizzate dai volontari che bussavano alla porta degli americani sapendo di cosa parlare e soprattutto cosa offrirgli. Altro che fake news e interferenze russe: Trump è risultato più forte di tutto questo semplicemente perché ha risposto alle esigenze degli americani che erano profondamente cambiate.

Luca Donadel
Negli ultimi mesi Luca Donadel si è affermato nel panorama della controinformazione online. Partito da Facebook, da qualche tempo ha iniziato a realizzare video per la trasmissione Matrix di Canale 5: tra i filmati di maggior successo c’è quello in cui ha denunciato il traffico di essere umani e il business dell’accoglienza. «Quello di stasera è stato un incontro molto interessante che ha messo in luce le differenze tra chi da sempre si occupa di comunicazione politica e chi come me e Tommaso utilizza gli strumenti di Internet, partendo dal basso». Tra i cambiamenti della comunicazione raccontati da Donadel, c’è stato il passaggio da «one to many» a «many to many»: «Non siamo più di fronte al rapporto tra quotidiano di informazione e lettori passivi. Oggi grazie al web siamo davanti a una vera e propria interazione con le notizie».

Fake news e agenda setting
«Spesso trovo molto più interessante i commenti di chi partecipa alla discussione su una testata online, rispetto alla notizia stessa. Chi ha esperienza diretta su fatti di cronaca importanti, arricchisce il dibattito lasciando commenti alle notizie di cronaca magari con una foto, spesso creando una nuova notizia». Ma il rischio delle fake news è dietro l’angolo: eppure chi oggi dice di volerle combattere, come la sinistra al governo, è riuscita a governare proprio grazie alla bufala dello spread che fece fuori Berlusconi: «Le fake news sono sempre esistite – precisa Donadel – chi le lancia, però, non ci mette la faccia. Il fatto è che oggi vengono utilizzate in modo strumentale dai politici, usate per cercare di censurare. Si assiste al vittimismo di Renzi facendo credere che sia minata la stabilità elettorale condividendo pagine satiriche. È un caso di agenda setting, come poteva essere lo spread anni fa: guarda caso oggi dello spread nessuno ne parla più».

Tommaso Longobardi
Dalle fake news alle omissioni il passo è davvero molto breve. Chi ha puntato su una comunicazione lontana dal mainstream è Tommaso Longobardi: «La mia esperienza è quella di un semplice ragazzo di 26 anni che 5 anni fa si è affacciato sui social per raccontare una realtà diversa da quella strumentale al pensiero unico. Ho sfruttato il meccanismo dell’informazione italiana che volutamente cerca di nascondere notizie contrarie alla linea editoriale dominante. In questo percorso, la mia pagina facebook, da semplice mezzo mediatico oggi registra 650mila iscritti e coi numeri supera il 90% delle pagine dei politici italiani attuali». Tra le storie rilanciate, alcune hanno avuto un particolare successo: «Quelle più taciute dal sistema editoriale italiano e occidentale riguardano la Russia: alcune non sono state neanche menzionate».

Democrazia o alibi?
«Nel mio intervento ho fatto l’esempio dell’eroe di Palmyra che scelse di farsi bombardare dal suo stesso esercito per distruggere le milizie jihadiste che lo avevano accerchiato. Una storia simile avrebbe dovuto avere un certo impatto mediatico e invece è stata affrontata solo da due testate: Il Giornale e Sputnik. L’impatto mediatico sulla mia pagina è stato enorme: il video è stato visto da 1milione e mezzo di utenti e ha raggiunto molte persone che non avevano mai sentito parlare di questa storia», racconta. Quesito finale – Nel panorama attuale riguardante la comunicazione, in cui emerge sempre di più un’informazione alternativa e non allineata ai grandi gruppi editoriali, si ripropone il quesito sull’atteggiamento dei principali esponenti dell’attuale governo. Come si può pensare che alcuni meme lanciati da siti o pagine Facebook satiriche, siano denunciati come fake news? È chiaro, dunque, come questa contro le bufale sia una battaglia strumentale che può nascondere ben altri scopi. Se un eventuale provvedimento anti-bufale secondo Donadel servirà a controllare l’informazione, per Palmieri – invece – rappresenta esclusivamente la scusa che la sinistra si sta costruendo per giustificare la sconfitta alle prossime elezioni.