28 marzo 2024
Aggiornato 11:00
Mafie

Nando Dalla Chiesa al Diario: la mafia ha preso legnate, ora c'è la 'ndrangheta che colonizza il Nord

Intervista a Nando Dalla Chiesa, figlio del generale dei Carabinieri Carlo Alberto assassinato dalla mafia il 3 settembre 1982. Ecco cosa ci ha detto a proposito della mafia, e di cosa dobbiamo avere oggi davvero paura

BIELLA - «La mafia siciliana ha preso molte batoste e quindi è arretrata, anche per via delle leggi nate dopo le stragi degli anni Novanta». A parlare in un incontro a Biella organizzato da Libera e dalla Fondazione Biella Domani dedicato alla figura di Pio La Torre è Nando Dalla Chiesa, sociologo, scrittore e politico, figlio del generale dei Carabinieri Carlo Alberto assassinato dalla mafia il 3 settembre 1982 insieme alla moglie, Emanuela Setti Carraro, e all'agente Domenico Russo. "A fare paura, oggi, è soprattutto la 'ndrangheta. E non tanto, o non solo, al Sud, ma soprattutto al Nord. Qui vedo la vera emergenza" denuncia Dalla Chiesa. 

Le mafie vanno dove ci sono i soldi
In effetti lo scioglimento di tutta una serie di comuni per infiltrazioni mafiose "lo dimostra». Le mafie - spiega - vanno dove c'è il denaro. E oggi l'associazione più forte e aggressiva è proprio 'Ndrangheta, lo dicono tutti gli studi e i rapporti».

La Torre era inavvicinabile, non come i politici di oggi
«La mafia ha una straordinaria capacità di scegliere e soprattutto di riconoscere i proprio nemici. Pio La Torre era quindi un uomo, per la mafia, inavvicinabile. Perché lui si informava su tutti e su tutto. Al punto da non frequentare ambienti dove poteva avere il solo sospetto di incontrare persone legate alla mafia, nella Sicilia degli anni Cinquanta e Sessanta». Oggi invece siamo in un'epoca in cui "i politici difendono i loro rapporti, documentati con fotografie, dicendo di non poter conoscere tutte le persone con cui si intrattengono relazioni o contatti... A Pio La Torre non poteva capitare». La lotta alla mafia da parte dello Stato è stata decisiva dopo le strage degli anni Novanta, "la lotta del sindacalista e politico, comunista, Pio La Torre, e di mio padre, invece, è una lotta solitaria e tragica per l'epilogo». 

Cosa ha lasciato in eredità, a Palermo e in Sicilia, la battaglia suo padre, il generale dell’Arma dei Carabinieri, Carlo Alberto Dalla Chiesa?
Credo abbia lasciato a tutto il Paese un’eredità. Ed è il segno che le istituzioni vanno messa davanti a tutto. Che bisogna avere il coraggio della verità, di sapersi rivolgere a tutti i cittadini per trarne il meglio. E’ stata una storia terribile e contemporaneamente luminosa.

La mafia non uccide e spara di meno, ma non è certo stata sconfitta…
Ha preso delle legnate, Cosa Nostra siciliana. Ma ‘ndrangheta è cresciuta molto, soprattutto al Nord. La partita decisiva, oggi, quindi, è al Nord e con l’ ‘ndrangheta.

Com’è cambiata la mafia? E’ una mafia 2.0?
No. Sta arretrando, anche se non sappiamo quanto. Sicuramente ha dei rapporti con la politica, che non sono mai davvero finiti. Certo non ha la forza d’urto che aveva allora. E anche vero che lo Stato dopo le stragi degli anni Novanta ha fatto più di quello che avesse fatto prima. Oggi c’è la legge La Torre-Rognoni, sul reato di associazione mafiosa che prevede per esempio la confisca dei beni. E’ cresciuto il movimento anti mafia. Ora il compito fondamentale ce l’ha il Nord, ma non commemorare quanto fatto al Sud, ma di combattere l’ ‘ndrangheta che cerca di colonizzarlo.