Dopo lo Sblocca Italia, il Brucia Italia: ultimo assalto alla ricchezza di un paese allo sbando
Un enorme esercito di riserva è pronto non solo a incendiare il proprio territorio, ma a entrare stabilmente nelle file della criminalità pur di sopravvivere. Ecco perché l'Italia brucia
ROMA - Il patrimonio ecologico del Belpaese se ne va, carbonizzato e trasformato in cenere. L’Italia, il paese più bello del mondo, si sta trasformando in un luogo desertificato: il paesaggio è devastato da un’urbanizzazione selvaggia e demenziale, che cozza perfino con uno dei più dimenticati articoli della Costituzione, l'articolo 9, ovvero quello che recita: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica [cfr. artt. 33, 34]. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». La visione prospettica che ebbero coloro che scrissero quel testo, da una buona parte dei costituzionalisti odierni visto primariamente come una manifestazione di principio, è estraneo alla deriva odierna. L’involuzione, ad ogni livello, è così potente da risultare sconcertante. Se veramente quell’articolo fosse oggetto di incarnazione, non ci troveremmo oggi ad affrontare la peggiore crisi del fuoco che l’Italia ricordi in tempi recenti. Ad ogni livello, perché il decreto Sblocca Italia non ha esiti diversi, sul paesaggio, diversi da un incendio. Non ha una violenza intrinseca meno devastante, ed esattamente come le fiamme si muove sul territorio senza particolare sforzo.
Una non emergenza, perché si ripete
Inutile, oggi, fare l’ennesimo articolo di cronaca, con ampi stralci sensazionalisti che tendono a coprire le ragioni di questa non emergenza. Perché la distruzione del territorio, che è in sé l’unica risorsa naturale italiana, procede ininterrottamente in ogni stagione, da decenni. E' strutturale. In questa torrida estate di luglio come strumento viene utilizzato il fuoco, ma è solo per sfruttare un’economia di scala dovuta al progressivo surriscaldamento climatico che avvolge l'Italia e non solo. Meglio sarebbe affrontare di petto la dilagante incultura che serpeggia tra la popolazione: soprattutto di quella che non riesce a vedere il valore, non solo culturale, delle risorse naturali. Le demenziali periferie urbane odierne raccontano il futuro nel quale vorremmo far piombare anche le zone più remote dello Stivale. Un territorio rovinato, da un incendio a da un intervento urbanistico scempio, rappresenta un costo eterno.
Economia parallela: tutto e subito
Diciamolo chiaramente: dagli incendi dei boschi sorge un’intera economia parallela. Che, differentemente dallo sfruttamento sostenibile che potrebbe scaturire da diverse forme di turismo, e agricoltura, è nel breve periodo decisamente più remunerativa. Questa ideologia trova terreno fertile in un tessuto sociale demolito dalla povertà e dall’ignoranza, come sottolineano i recenti studi pubblicati dall’Istat. Un enorme esercito di riserva è pronto non solo a incendiare il proprio territorio, ma a entrare stabilmente nelle file della criminalità pur di sopravvivere. I terreni agricoli sono sempre stati incendiati e il fuoco in sé è foriero di vita se ben gestito. Ma qui siamo di fronte alla resa della Stato, colto impreparato sulla più granitica delle certezze.
Lo Stato si è arreso, perché?
La recente «soppressione» del Corpo Forestale dello Stato poteva essere letta con una doppia lente. Come noto, nelle zone più depresse del Mezzogiorno, l’intero comparto impegnato nella gestione delle foreste, e quindi non propriamente il Corpo, ha sempre rappresentato anche un ammortizzatore sociale. Con frequenza ricorrente viene portato agli onori della cronaca il dato secondo cui il numero di tali addetti in singole regioni del sud sarebbe superiore, con una portata fuori scala, a quello del Canada. Da qui una prima domanda: quanto il fuoco genera economia legale? Perfettamente legale. Ad esempio: qualora il numero di aerei cisterna dovesse triplicare nel futuro, in virtù del disastro doloso in corso, quanto possiamo considerare ciò una conquista? Gli esempi, ovviamente, potrebbero essere infiniti. Secondo punto: quanto realmente mancano i controlli e perché? Non è chiaro quanto siano stati decurtati gli organici del Corpo Forestale dello Stato, e in che modo, nel suo inglobamento nei Carabinieri. Indubbiamente il territorio manca di un controllo serio. Sappiamo quali sono le zone sensibili agli incendi, perché sono quelle che presentano, direttamente o indirettamente, tre condizioni: interesse fondiario, presenza di rifiuti, degrado sociale. In tal senso la prevenzione può essere una strada percorribile in un territorio forestale tanto esteso quanto quello presente in Italia? Forse, più che uomini sparsi sul territorio, sarebbe più opportuno un avanzamento tecnologico. Scegliere quindi quale tipo di prevenzione portare avanti. Se risorse devono essere investite in tal senso probabilmente sarebbe meglio sfruttare il telerilevamento satellitare. Non certo per prevenire, e nemmeno per gestire l’emergenza incendi una volta innestata: ma per reprimere penalmente i colpevoli degli incendi. Perché sarebbero facilmente individuabili.
In futuro andrà peggio
Il fenomeno degli incendi non può essere sconfitto in tempi brevi. Anzi, aumenterà di intensità per i tre motivi sopra elencati: speculazione fondiaria, appalti, e gestione dei rifiuti. Si tratta di un enorme polmone economico che sta sostituendo la presenza dell'intervento pubblico. Nello scenario peggiore, e quindi il più probabile, l'intero Sud Italia potrebbe essere devastato da queste componenti. La comunità criminale che decide di abbracciare questo tipo di affari deve sapere che va incontro a una dura repressione da parte dello Stato. Ma, a ben vedere, questa componente è quella più tralasciata. Distruggere l’Italia interessa a molti, a interi settori legali e istituzionali, che non hanno alcuna voglia di lanciarsi in crociate che non sarebbero nemmeno comprese.