18 aprile 2024
Aggiornato 14:00
Dopo il Jobs Act, la quadratura del cerchio

La campagna del Governo per attrarre investimenti è una vergognosa svendita dei lavoratori italiani

Manca solo la frase «Prendi 2 paghi 1». La campagna del ministero dello Sviluppo per attrarre investimenti esteri si vanta del dramma che ogni giorno vivono milioni di italiani: quello di essere sottopagati, nonostante le proprie competenze

ROMA - Non bastava la clamorosa serie di gaffe inanellate nella campagna realizzata dal ministero della Salute per il Fertility Day. Negli annali della cattiva comunicazione istituzionale finirà certamente un'altra campagna, questa volta realizzata dal ministero dello Sviluppo economico. Una campagna, peraltro, cruciale, perché il suo scopo sarebbe quello di invogliare le aziende straniere a investire in Italia. Vista la situazione economica del nostro Paese, insomma, ci si aspetterebbe che un argomento del genere venga trattato con la dovuta cautela. E che strafalcioni in stile Fertility Day vengano attentamente evitati. 

Benvenuti in Italia
«Benvenuti in Italia, il Paese giusto per fare investimenti», è l'augurio con cui termina l'introduzione firmata dal sottosegretario al Ministero dello Sviluppo economico Ivan Scalfarotto. Ovviamente, la brochure che spiega il piano del Governo «Industria 4.0» elenca tutte le svariate ragioni per cui è tanto vantaggioso fare investimenti nel Belpaese: l'industria manifatturiera di qualità che esporta in tutto il mondo; gli incentivi stanziati per favorire gli investimenti; l'innovazione; il capitale umano; il capitale tecnologico e digitale; il talento e tutte quelle belle qualità che spesso sentiamo citare quando si parla dell'Italia, pur in mezzo alle moltissime criticità che ancora (a sentire queste belle parole, quasi «misteriosamente») ci condannano a rimanere impantanati a un livello di crescita pari a zero.

Tra i punti di forza...
Ad ogni modo, è naturale che una campagna di comunicazione che voglia convincere gli stranieri a investire nel nostro Paese debba innanzitutto esaltarne i punti di forza. Peccato che, in mezzo a questa incoraggiante lista, ci sia quasi «ingenuamente» finito pure un punto che ha fatto storcere il naso a molti. Soprattutto, a quei tanti giovani precari e sottopagati che, nonostante i tanti anni di studio e di specializzazione, non riescono a trovare un impiego stabile e all'altezza della propria professionalità. Che poi è uno dei mali in cui l'economia italiana incancrenisce da anni.

... un lapsus freudiano
Già, perché nella sezione «Capitale umano e talento», il Governo si lascia sfuggire un lapsus freudiano: «L'Italia offre un livello di salari competitivo (che cresce meno rispetto al resto dell'Unione Europea) e una forza lavoro altamente qualificata». Una frase che, in soldoni, significa che il Belpaese offre forza lavoro altamente qualificata ma fortemente sottopagata, a salari stracciati. Non contenti dell’ammissione scritta nero su bianco nella brochure, i realizzatori della campagna hanno aggiunto anche un esempio pratico: «Un ingegnere in Italia guadagna in media uno stipendio di 38.500 euro, quando in altri Paesi europei lo stesso profilo ne guadagna mediamente 48.800».

Perché l'episodio è increscioso
L’episodio ha un che di increscioso e imbarazzante. Perché se in un’ottica di mero profitto può essere ovviamente vantaggioso investire laddove il costo del lavoro è più basso – come la globalizzazione ci insegna –, è naturalmente oltraggioso per tutti i lavoratori che faticano ad arrivare a fine mese che un Governo si vanti di un sistema economico tanto miope e poco meritocratico, basato su salari al ribasso, che non valorizza le competenze, che mette in ginocchio i propri cittadini. Il quadro è addirittura peggiorato da un capitoletto che attesta chiaramente come, dopo il Jobs Act, si possa licenziare facilmente (LEGGI ANCHE: "Ora è ufficiale: il Jobs Act di Renzi è stato un flop").

Svendita dei talenti italiani
Così, quella che avrebbe dovuto essere un’operazione volta a creare occasioni di crescita per il nostro Paese si è rovesciata in un’imbarazzante «svendita» dei lavoratori italiani, in stile «prendi 2 paghi 1». Una vicenda che può essere vista come la degna conclusione di un processo di progressiva erosione dei diritti dei lavoratori italiani, culminata nel Jobs Act e nell’eliminazione dell’articolo 18. Come si dice, la quadratura del cerchio. Che dimostra – ed è qui, forse, il dato più grave – il drammatico scollamento delle istituzioni dalla vita reale, concreta, quotidiana dei cittadini. Una vita costellata di ostacoli, che si moltiplicano di giorno in giorno mentre i nostri rappresentanti sono impegnati a fare campagna per il referendum costituzionale.

Il drammatico scollamento delle istituzioni dalla vita reale
Questo è forse il punto chiave: che ciò che il Governo va sbandierando è il dramma che milioni di italiani vivono sulla propria pelle ogni giorno. E se fino ad oggi ci siamo chiesti perché il nostro Paese  non sia in grado di valorizzare le competenze, di garantire un guadagno equo a chi lavora e produce ogni giorno quel «valore aggiunto» che contraddistingue il made in Italy; perché l’Italia non si batta affinché la qualità del lavoro venga giustamente retribuita in un’ottica di equità e meritocrazia, e perché ancora non si riesca a invertire la tendenza per cui i più brillanti cervelli italiani sono costretti a emigrare all’estero, beh, dopo questa sconfortante campagna è forse più facile azzardare una risposta.