29 marzo 2024
Aggiornato 07:30
Palazzo Chigi nel mirino

L'«affondo» del Cavaliere su Renzi: «Fossi Mattarella scioglierei le Camere»

L'ex Premier sceglie di concentrare tutte le sue cartucce contro l'inquilino di palazzo Chigi. E conferma che, d'accordo con Matteo Salvini e Giorgia Meloni si punterà su una mozione di sfiducia al governo nel suo complesso «perchè è lì contro il voto degli italiani e ormai non siamo in una democrazia».

ROMA - Attacca il Renzi-dominus, parla di governo «illegittimo». Dice anche che se fosse Mattarella avrebbe già sciolto le Camere e indetto nuove elezioni. Ma nell'annuale appuntamento con la presentazione del libro di Bruno Vespa, Silvio Berlusconi evita l'affondo sul ministro Boschi e il caso banche. C'è conflitto di interessi? «Noi - risponde - non siamo così informati in profondità per poterle dare una risposta».

L'ex premier, dunque, sceglie di concentrare tutte le sue cartucce contro l'inquilino di palazzo Chigi. E conferma che, d'accordo con Matteo Salvini e Giorgia Meloni, incontrati ieri sera ad Arcore a cena, si punterà su una mozione di sfiducia al governo nel suo complesso «perchè è lì contro il voto degli italiani e ormai non siamo in una democrazia». Niente sfiducia individuale alla responsabile delle Riforme, perchè - dice - non è prassi in Forza Italia, né ci sarà una convergenza su quella presentata dal Movimento5stelle. «Ci asterremo o usciremo dall'Aula», spiega. D'altra parte, Silvio Berlusconi sa bene quanto il suo partito sia diviso ormai su ogni tema, compreso questo: c'era il serio rischio che si andasse in ordine sparso, soprattutto al Senato, e invece così si eviterebbero plateali spaccature.

Così come gli azzurri hanno deciso di non partecipare al voto sulla Consulta dopo che il Pd ha optato per stringere un accordo con il M5s per una nuova terna da cui è stato fatto fuori Francesco Paolo Sisto. «Colpa di Brunetta che in mattinata a Montecitorio ha irritato il Premier», fanno trapelare fonti dem. Ben sapendo di toccare un nervo scoperto in Forza Italia che appena due settimane fa aveva visto partire una raccolta firme proprio per chiedere che si tornasse a votare sul capogruppo. Anche oggi l'ex ministro sarebbe finito nel mirino dei suoi, accusato di aver gestito malissimo la pratica lasciando il partito con un pugno di mosche in mano.

In pubblico, Silvio Berlusconi evita di mettere il coltello nella piaga e se la prende con Renzi. «Questo premier - afferma - stende i suoi interventi ovunque e pone i suoi uomini dovunque, mentre noi lasciavamo sempre una percentuale di nomine alle opposizioni». E invece adesso accade che Fi è fuori dalla partita della Consulta. «E' molto grave - sottolinea - che la Corte costituzionale non abbia al suo interno neanche un solo giudice che appartenga al centrodestra». Quello che pensa della Consulta, dominata dai giudici di sinistra, lo ha detto mille volte. Questa volta lo ha evitato anche se non è mancato un cenno ai suoi processi.

Ma, ovviamente, Berlusconi ha parlato anche del rapporto con gli alleati vista anche la cena di ieri sera ad Arcore. Una cena da cui non è emerso nessun nome per le prossime amministrative e si è ribadito che ci sarà una manifestazione comune il 6 febbraio a Roma, che per la verità era stata già annunciata dopo un precedente incontro a tre. «Noi abbiamo stabilito - spiega il Cav - di approfondire ancora la nostra ricerca sul migliore candidato possibile in ogni città e ci siamo dati l'impegno di non anticipare chi ha più chance. Questa è una scelta che faremo all'inizio dell'anno». E così, quando Vespa gli chiede, che si incontrino a fare, non rinuncia alla battuta. «Lei - è la replica - si è abituato troppo a Renzi che decide tutto lui. Noi siamo democratici».

Un nome per Milano, seppur stimolato dalla domanda, Berlusconi lo fa: è quello di Stefano Parisi che, ammette, «vedrò in settimana».

L'ex premier parla anche dell'eventuale discesa in campo di Diega Della Valle: ben venga - afferma - se servisse a fare le scarpe al Pd. Una mossa che, però, sembra più destinata a mettere i bastoni tra le ruote dell'ambizione di Salvini che a una strategia politica.