19 aprile 2024
Aggiornato 15:00
Peggio della Palermo anni '50

Funerali del boss, uno schiaffo a Roma

Nello stesso giorno in cui è stato annunciato il maxiprocesso Mafia Capitale, si sono celebrate le esequie show del padrino Vittorio Casamonica. Un'oscena baracconata criminale a cui hanno assistito complici le istituzioni e molti cittadini

ROMA – Seguiremo con attenzione gli esiti del maxiprocesso per Mafia Capitale: il primo dibattimento per mafia a Roma di questa portata (59 rinvii a giudizio tra Massimo Carminati, Salvatore Buzzi e una pioggia di politici). Ma uno sconfitto, prima ancora di ascoltare la sentenza, c'è già, ed è sempre lo stesso: lo Stato italiano. Nello stesso giorno in cui il giudice per le indagini preliminari mandava alla sbarra gli indagati, infatti, lontano dalle aule del tribunale si consumava uno spettacolo disgustoso: il funerale di Vittorio Casamonica. Un fiorellino di campo a capo dell'omonimo clan che spadroneggia indisturbato da anni tra Anagnina e Tuscolano, un personaggio talmente integerrimo da essere stato beccato con le mani in giri di droga, usura, ricettazione. Ebbene, a questo stesso servitore della Repubblica è stato tributato ieri l'ultimo saluto, con il buon gusto e la sobrietà che solo i sinti, etnia cui appartiene la sua famiglia, sanno tipicamente esprimere. Rolls Royce, carrozze trainate da cavalli neri, petali di rosa lanciati dall'elicottero, musiche da film suonate dalla banda: eppure quello banalmente estetico sarebbe l'ultimo dei problemi. Qui non stiamo semplicemente a lamentarci della pacchianeria, ma del fatto che sia stata consentita una vera e propria festa della mafia, pubblicamente e a conoscenza di tutti, in una delle periferie più grandi della capitale d'Italia.

Pompa magna
La politica, come sempre, se n'è accorta quando era ormai troppo tardi. A giochi fatti, il ministro degli Interni Angelino Alfano, invece di farci il sacrosanto favore di dimettersi, ha recitato la sua personalissima parte in questo teatrino, chiedendo una relazione al prefetto Franco Gabrielli che poi userà per organizzare chissà quale imperioso intervento, che senza dubbio fa già tremare le vene ai polsi dei boss. Ma dare la colpa solo all'evidente disinteresse delle istituzioni verso l'emergenza criminalità a Roma, stavolta, non basta più. Sono da ritenersi a pieno titolo complici di Mafia Capitale anche tutti coloro che ieri si sono prestati a partecipare a quell'oscena baracconata da circo, durante la quale il defunto è stato canonizzato dalla folla festante come il «re di Roma». A partire dalla parrocchia Don Bosco che l'ha ospitato, in sfregio agli stessi proclami di Papa Francesco, che solo qualche mese fa aveva scomunicato tutti i mafiosi. Ironia della sorte, poi, la stessa chiesa che ha accettato di celebrare le esequie del padrino si era rifiutata di farlo per Piergiorgio Welby, che invece scelse di morire per eutanasia. È soprattutto di questi gesti simbolici, di queste roboanti ostentazioni della propria ricchezza, del proprio potere e della propria influenza, che la criminalità organizzata vive e prospera, continuando ad alimentare la propria epica e così ad esercitare controllo e terrore sul territorio. Tanto che ormai da anni funerali eclatanti come questi sono proibiti perfino in Sicilia e in Calabria. Ecco, una certezza in più, da ieri, ce l'abbiamo, senza dover attendere che sia certificata dai giudici: la Roma degli anni 2000 è ridotta peggio della Palermo dei mammasantissima.