27 marzo 2023
Aggiornato 05:30
Primo Maggio

Mattarella: La disoccupazione è una «ferita lacerante»

Nel discorso pronunciato in occasione della cerimonia che si è svolta al Quirinale per la Festa del Lavoro, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lancia un allarme ma allo stesso tempo rivolge un appello a non rassegnarsi, non scoraggiarsi, non gettare la spugna, non abbandonare nessuno

ROMA (askanews) - La disoccupazione è una «ferita lacerante» nella nostra società. La pagano soprattutto i giovani e il Sud del paese rischiando di diventare gli attori principali di «una vera e propria società di esclusi, divisa dal resto della comunità da una barriera di diritti e di opportunità negate». Nel discorso pronunciato in occasione della cerimonia che si è svolta al Quirinale per la Festa del Lavoro, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lancia un allarme ma allo stesso tempo rivolge un appello a non rassegnarsi, non scoraggiarsi, non gettare la spugna, non abbandonare nessuno perché «l'Italia ce la farà, tenendo alti i valori sui quali si fonda la nostra democrazia».

L'appello del capo dello Stato è per «le istituzioni pubbliche, per il governo e il Parlamento, per le diverse parti politiche, per gli imprenditori e i sindacati». Mattarella esorta tutti a tornare a pronunciare le parole «piena occupazione», due parole ispirate dalla «nostra carta fondamentale», due parole «che sembrano quasi archiviate, tanti sono diventati i disoccupati. Dobbiamo pronunciarle perché siano uno stimolo per tutti noi perché il lavoro diventi la prima delle priorità e sia chiara la nostra determinazione: non ci rassegniamo e non ci scoraggiamo».

La preoccupazione del presidente della Repubblica è quella di impedire ogni genere di esclusione: «Non c'è realismo politico, né compatibilità economica che possa trasformare la persona in un numero, e che possa imporci di accettare l'esclusione come ineluttabile». Tra chi rischia di più ci sono i giovani: «Il dato della disoccupazione giovanile è allarmante». A loro va il pensiero di «padri, madri, persino nonni», che, racconta Mattarella, gli scrivono lettere per chiedere «speranza e lavoro per i loro ragazzi»: «Nessuna società sviluppata, che cerchi di tenere alta la competitività del proprio sistema economico, può permettersi di rinunciare a un'intera generazione di giovani». Rischia l'esclusione, avverte Mattarella, anche il mezzogiorno del Paese: la distanza con il resto d'Italia «sta assumendo gravissime dimensioni», «una nuova questione meridionale si pone davanti al Paese».

«Non possiamo accettare - ammonisce il capo dello Stato - che una parte dell'Italia sia tagliata fuori, abbandonata, considerata, ormai, ai margini dei progetti di sviluppo. L'unità nazionale è minacciata se non si ridefinisce quella coesione sociale che la lunga crisi ha posto in sofferenza». Alla presenza del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, Mattarella elogia il jobs act, la riforma del mercato del lavoro targata Renzi, ne riconosce «le spinte positive» di cui Poletti parla citando i dati dei primi tre mesi del 2015 e, definendo «inevitabile» che il tema «susciti un animato confronto politico, con proposte anche contrastanti fra loro» perché «questo è il sale della democrazia», auspica «sforzi convergenti» e «nel dialogo, impegni comuni».

Il capo dello Stato, in particolare, confida «in un dialogo proficuo e un impegno comune, anche con le forze sociali e sindacali». Lo dice parlando del livello di occupazione femminile del nostro Paese che «non può certo soddisfarci. Anche questa è una priorità nazionale. La penalizzazione del lavoro femminile è condizione di arretratezza».