11 dicembre 2024
Aggiornato 16:30
Parla Stefano Bargi, promotore della risoluzione bocciata in giunta

La legge anti-moschee vince in Lombardia, ma perde in Emilia

Al DiariodelWeb.it, Stefano Bargi spiega il contenuto della risoluzione da lui presentata alla giunta emiliana e bocciata dalla maggioranza. L'atto intendeva promuovere la ricognizione dei luoghi di culto islamici sul territorio. Ma non è la prima bocciatura: già la scorsa assemblea legislativa non ha votato la proposta di imporre forti restrizione alla costruzione di moschee, su modello lombardo.

ROMA – Di nuovo allarme moschee. Dopo la legge anti-minareti fatta approvare in Lombardia dalla giunta di Roberto Maroni, è ora la volta dell’Emilia Romagna. Stefano Bargi, leghista emiliano, ha infatti presentato una risoluzione in cui chiedeva di «effettuare di concerto con gli altri enti locali e gli Organi di polizia una ricognizione di tutti i luoghi di culto o aggregazione riconducibili alla religione islamica presenti sul territorio regionale». Una risoluzione che, però, è stata bocciata dalla maggioranza. «Non è la prima volta che avanziamo questa proposta», spiega Bargi. «Anche nella precedente assemblea legislativa ci siamo presentati con una risoluzione che impegnava la giunta ad adottare delle misure di limitazione dell'espansione dei luoghi di culto islamici in Emilia Romagna».

BARGI: SÌ AI CONTROLLI DI LUOGHI DI CULTO E ASSOCIAZIONI ISLAMICHE - «Inoltre», prosegue Bargi, «volevamo andare a capire come intervenire nei confronti di quei cosiddetti centri culturali di natura islamica, che dovrebbero svolgere funzioni associative ed aggregative, ma che tendono a trasformarsi in luoghi di culto». L'idea, quindi, era quella di «imporre limitazioni urbanistiche», sulla stregua di quanto avvenuto in Lombardia. Iniziativa che però, in Emilia Romagna, non ha convinto la giunta. Così, la Lega emiliana ci ha riprovato con una seconda risoluzione, presentata ieri. «Chiedevamo semplicemente di fare una ricognizione di tutti i luoghi di culto islamici, per stringere di più i controlli per prevenire gli attentati terroristici, viste le vicende di Parigi, Copenaghen e le minacce di attentato sul suolo italiano». La richiesta, questa volta, non era quella di introdurre normative restrittive nei confronti dell'edificazione di moschee, ma quella di «controllare i luoghi di culto e capire che cosa avviene lì dentro, che tipo di sermoni vengono svolti da coloro che fanno attività di proselitismo, e favorire il monitoraggio di quegli spazi», spiega Bargi, «se non altro per una questione di sicurezza. Se è vero che all'interno di questi centri si può fare attività religiosa, gli spazi adibiti a tale attività dovrebbero avere determinati requisiti rispettati da tutti gli altri luoghi di culto, dalle Chiese ai templi buddhisti». In effetti, la legge targata Maroni ha stabilito che uno dei requisiti per costruire una moschea fosse la disponibilità di uno spazio dove realizzare un parcheggio che copra il 200% della pavimentazione lorda della moschea stessa: un «paletto» che non ha mancato di suscitare ironie e dileggi, e che ha sollevato anche molte polemiche, vista l'evidente difficoltà che un tale requisito possa essere rispettato in aree urbane.

5000 JIHADISTI SUL TERRITORIO EUROPEO - In ogni caso, Bargi è perentorio: i controlli sono importanti, anzi, necessari. «Riteniamo che nei luoghi dove avvenga attività di preghiera debbano essere adottati particolari provvedimenti, mentre le mere associazioni debbano essere monitorate. Anche l'Ue ha denunciato la presenza di 5000 jihadisti sul territorio europeo: l'allarme c'è, la gente è preoccupata e la preoccupazione rischia di diventare tensione sociale». Il problema, per Bargi, è serio: «da un lato abbiamo l'attività di culto, dall'altro non sappiamo chi, in quegli edifici, si possa nascondere». Soprattutto, poi, se i sermoni «vengono fatti nella loro lingua e non sono decifrabili da parte nostra»

ACCUSE DI INCOSTITUZIONALITÀ DALLA MAGGIORANZA - La maggiornaza emiliana, però, ha respinto la risoluzione, «accusandoci di incostituzionalità perchè, secondo loro, vorremmo impedire la libertà di preghiera». Ma l'esponente emiliano della Lega respinge le accuse: «Non è assolutamente vero. La fede di ognuno si può professare liberamente, i luoghi di culto ci possono essere, ma è anche vero che la religione islamica è particolare, anche perché nel nostro Paese non ha mai voluto stringere accordi con lo Stato. E' poi evidente che a quella religione si leghino fortemente la cultura e lo stile di vita delle persone che vengono da quei Paesi, e nel nostro Paese formano una sorta di 'sottoinsieme' a parte che non è certo una forma di integrazione», dichiara Bargi.

PER ORA, BOCCIATE DUE RISOLUZIONI SU DUE - Insomma, la richiesta della Lega emiliana era chiara: «più controlli, normative più stringenti, dare ai sindaci e alle polizie municipali delle leggi regionali che consentano di andare a verificare cosa succede in quei luoghi». Eppure, entrambi gli atti sono stati bocciati, con accuse di incostituzionalità, secondo Bargi «assurde, perché sono atti di indirizzo: quindi la giunta non è obbligata, nel momento in cui vengono votati dall'assemblea, a rispettare in toto quello che c'è scritto». Oltre all'accusa di incostituzionalità, Bargi ricorda quella di «velata forma di discriminazione», alla quale non rinuncia a controbattere: «visti i tempi che corrono, viste le minacce all'ordine del giorno, visto l'affermarsi del Califfato, dobbiamo porre l'attenzione su questo tema e non fingere che sia solo argomento di dibattito nei telegiornali». Insomma, sembra che l'Emilia Romagna non seguirà, almeno per ora, l'esempio leghista doc della Lombardia: per ora, niente restrizioni suoi luoghi di culto islamici. Ma con le regionali di maggio, chissà, le cose potrebbero anche cambiare.