29 marzo 2024
Aggiornato 08:00
Approvata la Regione Sicilia che non si costiuisce parte civile: «Non è allarme sociale»

L'Avvocatura dello Stato chiude un occhio sulle mazzette

La Regione Sicilia sceglie di non costitursi parte civile nel processo per corruzione a un suo funzionario. A giustificazione della scelta, l'Avvocatura distrttuale dello Stato parla di «non particolare allarme sociale». Nicola Molteni della Lega Nord commenta: «Gli enti pubblici devono farlo in difesa dei cittadini onesti».

ROMA«E' una vicenda allucinante» quella della Regione Sicilia che decide di non costituirsi parte civile nel processo per corruzione a un proprio funzionario. Il deputato della Lega Nord Nicola Molteni, intervistato da DiariodelWeb.it, denuncia l'assurdità della situazione: «Direi che è un dovere prima ancora che politico, morale da parte di un ente pubblico costituirsi parte civile in vicende come queste – spiega Molteni –, quanto meno per tutelare tutti i cittadini onesti che subiscono i danni e le conseguenze negative dell'evento corruttivo. Credo che sia veramente allucinante il fatto di non costituirsi parte civile».

LE MAZZETTE NON SONO ALLARME SOCIALE - L'Avvocatura distrettuale dello Stato motiva la scelta della Regione e definisce «inopportuna» la costituzione di parte civile, «attesa la esiguità del danno provocato al patrimonio pubblico», oltre al «non particolare allarme sociale connesso alle fattispecie concrete contestate». Si tratterebbe quindi di un fatto irrilevante, quello di un funzionario regionale corrotto.

IL FUNZIONARIO CONFESSA - Il 19 gennaio a Palermo, in un'aula del palazzo di giustizia, si constatava la pesante assenza della giunta del Governatore siciliano, Rosario Crocetta: nessun rappresentante era, infatti, presente alla prima udienza del processo a carico del dipendente regionale, Gianfranco Cannova, dell'assessorato al Territorio. L'imputato ha confessato di aver intascato mazzette in cambio di agevolazioni nel rilascio di autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti. Il funzionario confessò, nel corso di un interrogatorio, di avere intascato tangenti per facilitare le pratiche degli imprenditori. Pagando si evitavano i controlli nelle discariche e, di conseguenza, la possibilità che si incappasse in sanzioni e chiusure. migliaia di euro in contanti, ma anche televisori ultramoderni e soggiorni in alberghi di lusso.

CROCETTA PARADOSSALE - Il paradosso sta, ora, nella condotta della Regione Sicilia. Lo stesso governatore Crocetta, infatti, pochi giorni dopo il blitz, in occasione di una conferenza stampa, denunciava aspramente la vicenda: «Il caso Cannova? Potrebbe essere solo l'inizio. Stiamo vagliando l'ipotesi della confisca e dell'esproprio per pubblica utilità delle discariche private». E aggiungeva, ancora, il presidente della Regione: «Da quando c'è questa amministrazione, però, non ci sono più coperchi. Forse, quando siamo intervenuti con le rotazioni, dovevamo essere più incisivi ancora. La frequenza di queste inchieste mi fanno pensare: altro che tangentopoli... . Dopo la Formazione, il Ciapi, i Beni culturali, la sanità».

COLPA DELL'AVVOCATURA? - Il motivo della decisione della Regione è affidato alle parole dell'Avvocatura dello Stato che definisce i fatti accaduti «non allarme sociale». Le «fattispecie contestate» di cui si parla, invece, sarebbero talmente gravi da indurre la procura a respingere la una richiesta di patteggiamento. Quello che afferma l'Avvocatura è che la Regione può esimersi dal chiedere un risarcimento in quanto sarebbe «sufficiente l'impulso accusatorio del pubblico ministero». I termini per la costituzione di parte civile sono scaduti e nella giunta Crocetta in molti iniziano a distaccarsi dalla mossa della Regione.

SCARICA BARILE - Maurizio Croce, Assessore regionale al Territorio, afferma addirittura di essere all'oscuro della scelta di non costituirsi parte civile in una faccenda così delicata: «Ho appreso della mancata costituzione come parte civile della Regione solo dai giornali – spiega Croce –. È grave la nostra posizione e vergognosa la motivazione fornita dall'Avvocatura». Lo stesso governatore della Regione punta il dito contro l'Avvocatura distrettuale di Stato, che, a detta del Presidente, avrebbe agito in autonomia: «Non so cosa sia successo: doveva essere il governo a prendere questa decisione politica, al di là del parere dell'Avvocatura. E – continua ancora Rosario Crocetta – doveva essere il dipartimento competente a far pervenire in giunta la richiesta. Deporrò subito un'inchiesta amministrativa», conclude il Governatore. Da chi sia dipesa la scelta, quindi, non sembra facile da comprendere. Ciò che resta è il fallimento della Regione Sicilia che, oggi, perde la possibilità di compiere un gesto concreto nella lotta al cancro della corruzione.