19 aprile 2024
Aggiornato 20:00
Le associazioni di volontariato difendono chi ha liberato Greta e Vanessa

Vis: Se lo Stato tutela la vita dei suoi cittadini fa solo il suo dovere

A poche ore dalla liberazione delle due volontarie Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, rapite in Siria lo scorso 31 luglio, scoppia la polemica: i rapitori comunicano che lo Stato italiano avrebbe elargito la somma di 12 milioni per la liberazione delle due. Il Governo smentisce, ma la politica non tace.

ROMA - «Aldilà delle polemiche, il Governo è chiamato a tutelare la vita di ogni cittadino, in tutte le condizioni possibili». A parlare è Nico Lotta, presidente dell'Associazione Vis (Volontariato internazionale per lo Sviluppo), che, in un'intervista rilasciata a DiariodelWeb.it, commenta le polemiche sollevate da una parte di politica sulle modalità di liberazione delle due volontarie Greta Ramelli e Vanessa Marzullo.

LO STATO SEMPRE DALLA PARTE DEI CITTADINI - «La tematica e la realtà sono complesse. Per avere le idee chiare bisogna capire esattamente come sono andate le cose», sottolinea Nico Lotta, «anche perché, al momento il riscatto di 12 milioni mi sembra ipotetico, uscito da voci non confermate da fonti ufficiali. In ogni caso lo Stato deve farsi carico della salute e della sicurezza di tutti cittadini impegnati nelle attività di cooperazione». Più volte il presidente di Vis sottolinea l'importanza di comprendere a fondo i meccanismi che hanno portato alla liberazione delle due giovani volontarie, ma non manca di rimarcare il concetto basilare di uno Stato la cui responsabilità imprescindibile è quella di tutelare il cittadino, sempre e comunque. In nessuna occasione, dunque, lo Stato può permettersi di lasciare soli i propri connazionali, nemmeno nelle situazioni più estreme, come quella a cui si sta assistendo in questi giorni. «Bisogna capire cosa è successo, cosa che attualmente non è affatto scontata. Lo Stato deve tutelare il cittadino, in ogni condizioni, pur capendo che azioni imprudenti, improvvisate hanno delle conseguenze gravi di questo tipo. In ogni caso non penso che la comunità possa esimersi dal pagare, contemporaneamente ragionando anche su questo tipo di cooperazione e attività».

LA POLEMICA: IL RISCATTO E' STATO PAGATO? - A poche ore dalla liberazione delle due volontarie rapite in Siria lo scorso 31 luglio esplode la polemica. A metterla in moto è un tweet di Matteo Salvini, in cui, il leader del Carroccio, si dice felice per la liberazione delle giovani italiane, aggiungendo «spero non siano stati pagati riscatti ai terroristi». Passano tre minuti e un nuovo cinguettio firmato Salvini rincarava la dose: «Se veramente per liberare le due amiche dei siriani il Governo avesse pagato un riscatto di 12 milioni, sarebbe uno schifo!».

LA PROPOSTA DI ZAIA - E ad avvalorare la tesi espressa da Matteo Salvini è il compagno di partito e Governatore della Regione Veneto Luca Zaia. La risposta di Zaia è dura e non ammette repliche, quando, nel commentare il rientro in Italia delle due cooperanti propone al Governo di configurare una nuova norma che tuteli lo Stato in questo tipo di situazioni: «In Italia si introduca una norma per cui chi si mette nei guai, si arrangi a tirarsi fuori». E non si ferma qui, il Governatore, che, anzi, suggerisce che «nei confronti di queste ragazze si faccia una confisca a vita fino a che si raccoglieranno 12 milioni di euro, sempre se è vero che è stata pagata questa cifra» – aggiunge Zaia, quasi sollevando il sospetto che il Governo abbia potuto sborsare di più per la liberazione degli ostaggi.

LE AMICHE DEI RIBELLI - Reazioni di questo tipo non provengono, però, solo dalla Lega – che, dopo l'informativa del ministro degli Esteri, hanno continuato ad attaccarlo. Anche Forza Italia e Movimento 5 Stelle si scagliano contro il Governo e denunciano l'irresponsabilità dello Stato qualora fosse confermata la versione del riscatto. L'esponente di Fi, Galeazzo Bignami, a pochi minuti dalla comunicazione di Palazzo Chigi, si butta in un'analisi che ha tutt'altro a che fare con il pensiero di quanto hanno potuto subire le due giovani italiane in Siria, concentrandosi sul fatto che «le due ragazze amiche dei ribelli siriani» dovrebbero «lavorare gratis fino a quando non ripagheranno all'Italia quanto noi abbiamo dovuto versare, in nome della loro amicizia, ai ribelli siriani».

LA RISPOSTA DEL GOVERNO - In questo delicato momento storico, in cui la liberazione di Greta e Vanessa coincide con un frangente di lutto internazionale per il drammatico attentato di Parigi, la possibilità che un Governo occidentale abbia pagato una ingente somma di denaro allo stesso gruppo terroristico che miete vittime e promette rese di conti appare come un tradimento, per molti. Da parte del Governo, però, arrivano smentite: il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, dopo essersi complimentato con l'unità di crisi della Farnesina e con chi si è impegnato per la buona riuscita dell'operazione, ha affermato di aver «letto ricostruzioni, a proposito del riscatto, prive di reale fondamento e veicolate da gruppi terroristici. Siamo contrari a ogni tipo di riscatto». E sottolinea, inoltre che «l'Italia in tema di rapimenti si attiene a comportamenti condivisi a livello internazionale, sulla linea dei governi precedenti. Per noi la priorità è sempre la tutela della vita e integrità fisica dei nostri connazionali».

I TERRORISTI E I 12 MILIONI - Mentre il ministro degli Esteri frena sulla storia del riscatto, i rapitori diffondono la notizia dei 12 milioni corrisposti dal Governo italiano per la liberazione dei due ostaggi. In tanti gridano all'irresponsabilità dello Stato e iniziano a fare i conti i conti in tasca ai terroristi, certi che quei soldi pubblici finanzieranno nuovi attacchi.