19 aprile 2024
Aggiornato 18:00
I consiglieri ribelli snobbano il PD

«Non ci ha eletti il PD ma la società civile»

I consigliri RAI Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi hanno votato a favore del ricorso al TAR contro il prelievo di 150 milioni di euro dal bilancio dell'azienda dal Governo. Rispondono alle domande del Corriere della Sera e di Repubblica in cui spiegano le motivazioni del gesto e si scrollano di dosso le accuse di azioni politiche contro il Governo Renzi, difendendo la loro responsabilità civile.

ROMA - La decisione presa dal Cda RAI di fare ricorso al TAR contro il prelievo di 150 milioni di euro dal bilancio dell'azienda dal Governo ha portato la bufera in viale Mazzini e fuori. Dopo il voto a favore del ricorso, il Partito democratico ha chiesto le dimissioni di Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, entrambi consiglieri RAI. 

COLOMBO: BERSANI DECISE COSÌ -  Sul Corriere della Sera, Gherardo Colombo - ex magistrato, protagonista dell'inchiesta della P2, del delitto Ambrosoli e di Mani pulite - risponde con fermezza e decisione alla domanda se asseconderà le pressioni del Pd: «Siamo stati eletti dalla società civile, dopo che l'allora segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, aveva dichiarato di non voler indicare i membri del Cda Rai che sarebbero stati 'di spettanza' del Pd proprio per evitare interferenze politiche nella gestione dell'azienda. Stiamo svolgendo il compito che ci è stato assegnato, appunto, dalla società civile. Non da altri»

RESPONSABILI VERSO SOCIETÀ, NON VERSO SOCI - Passando ad una domanda tecnica, relativa al rapporto tra azienda e azionista, quindi il ministero dell'Economia, Colombo risponde che «la gestione spetta esclusivamente agli amministratori i quali intraprendono le azioni che giudicano necessarie». Come spiega Colombo, gli amministratori sono «responsabili verso la società, e non verso i soci, dei possibili danni che derivano dall'inosservanza dei doveri». Il Pd ha percepito il ricorso come un atto politico e ostile al governo, ma, come spiega Colombo, «non è certo né un atto politico né tantomeno contro il governo. [...] Mi stupisce il fatto che proprio mentre si immagina di cambiare la governance della Rai per sottrarla all'influenza dei partiti, quando si prendono decisioni indipendenti succede il finimondo».

DECISIONE PRESA PER INTERESSE DELLA RAI - Per Luigi Gubitosi, direttore generale della Rai, un consigliere che vota contro il governo ha solo la possibilità di dimettersi, ma Colombo non sembra essere affatto dello stesso parere: «Non ha ben chiaro il rapporto descritto tra amministratori, società e soci, secondo il dettato del Codice civile». Insieme a Benedetta Tobagi, andranno avanti per la loro strada poiché «la decisione è assolutamente in riga con gli autentici interessi della Rai». E aggiunge, Colombo: «Sarebbe davvero un controsenso se non proseguissi serenamente col mio lavoro».

TOBAGI: TARANTOLA PAVIDA - Intervistata da La Repubblica, Benedetta Tobagi concorda con le parole di Colombo riguardo un'azione nient'affatto condotta contro il governo. Non si è appoggiata un'azione del berlusconiano Verro, poiché il consiglio «aveva già deciso informalmente di approfondire la modalità del prelievo per verificarne la costituzionalità. Per massimo rigore abbiamo chiesto il parere di quattro giuristi. Poi con grande dispiacere abbiamo notato una forte inerzia da parte della persona che fissa l'ordine del giorno, la presidente Tarantola. A furia di rimandare alle calende greche, un consigliere, com'è nel suo diritto, ha posto la cosa all'ordine del giorno. E' stata la pavidità, - sottolinea la Tobagi - non la prudenza, di Anna Maria Tarantola, a consentire ad Antonio Varro di mettere il cappello su questa vicenda».

GUBITOSI IL 'PADRUN' - Il Pd vuole le dimissioni dei «ribelli», ma, risponde la giornalista e scrittrice, «è chiaro che chi è al potere vuole una Rai assoggettata al governo, ma il mio dovere non è verso l'esecutivo, è verso il servizio pubblico». Le grandi capacità manageriali del direttore generale, Gubitosi, hanno permesso un'ottima gestione della privatizzazione di Rai Way, ma ora «si fa paladino - afferma la Tobagi - di una concezione padronale (il 'padrùn') secondo cui il consigliere deve obbedire all'azionista. E' molto grave, così si torna alla Rai prima della riforma del '75». Secondo Benedetta Tobagi sarebbe giusto pensare ai tagli, ma «bisogna tutelare il principio cardine della certezza delle risorse della Rai, che deriva dal canone, e che le consente una fondamentale indipendenza dall'esecutivo». Per rispondere a chi afferma che la Rai non ha intenzione di tagliare gli sprechi, la Tobagi sostiene che «abbiamo considerato prioritaria l'assunzione di responsabilità verso il Paese, varando la riforma delle news [...] restava un nodo che non si scioglieva, il modo con cui il il prelievo è stato fatto: modificando una tassa di scopo in corso di esercizio, ledendo l'autonomia della Rai dal governo».