24 aprile 2024
Aggiornato 06:30
Verso le europee

Brunetta contro l'egoismo tedesco

«Non c'è soluzione alla crisi europea se non cambierà la politica economica tedesca. Se la Germania non si deciderà a reflazionare la propria economia». Lo ha scritto Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, in un editoriale pubblicato da «Il Giornale»

ROMA - «Non c'è soluzione alla crisi europea se non cambierà la politica economica tedesca. Se la Germania non si deciderà a reflazionare la propria economia. Vale a dire a utilizzare il suo clamoroso surplus della bilancia dei pagamenti per rilanciare la domanda interna e quindi favorire una ripresa sostenibile dell'intero continente». Lo ha scritto Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, in un editoriale pubblicato da «Il Giornale».

EURO TROPPO FORTE - «Ma c'è un argomento ulteriore: il tasso di cambio. L'euro - ha sostenuto l'ex ministro del governo Berlusconi - è troppo forte rispetto alle altre monete. L'industria europea perde, pertanto, terreno rispetto ai concorrenti esteri. Gran parte della ripresa americana si deve alla crescita delle sue esportazioni, che alimentano un tasso di sviluppo maggiore, riportando debito e deficit lungo un sentiero sostenibile, grazie all'aumento del Pil».

L'OPPORTUNISMO TEDESCO - «Da vero paese egemone, per prima tra gli Stati dell'area euro - ha sottolineato Brunetta - nel 2003 la Germania (insieme alla Francia) ha violato le regole europee; ancora nei primi anni 2000, con la creazione dei mini-jobs, ha cominciato a imbrogliare le statistiche sul mercato del lavoro tedesco; con la sua Kfw (l'equivalente della Cassa depositi e prestiti italiana), che figura come organismo privato, manipola i dati sull'esatto ammontare del debito pubblico».
«A questi opportunismi - ha affermato ancora Renato Brunetta - si aggiunge il fatto che la Germania non riforma il suo sistema finanziario; blocca in Europa l'unione bancaria, economica, politica e di bilancio; blocca il funzionamento del Fondo salva Stati; si pone in perenne contrasto con la politica monetaria della Banca centrale europea; negli anni della crisi ha imposto la dottrina di matrice protestante per cui ai paesi in difficoltà si è detto: 'Lo spread è alto, è colpa tua, fa' i compiti a casa'. Se ciò non bastasse, l'industria tedesca, grazie alla delocalizzazione nei Paesi una volta appartenenti al blocco sovietico, poteva ottenere prodotti intermedi a costi stracciati, che poi assemblava in loco. Il conseguente risparmio di costo consentiva una politica dei prezzi assolutamente concorrenziale».

CRESCE IL MALESSERE - Secondo l'esponente di Forza Italia «la crisi dell'intero continente ha reso evidenti i tratti più odiosi di quell'egoismo nazionale che ha scaricato sugli altri Paesi le proprie contraddizioni non risolte. Non è solo la Grecia che protesta innalzando cartelli che ricordano il passato nazista. Nelle altre capitali europee il peso di quella supremazia, senza egemonia, è sopportato con crescente malessere, che l'elettorato interpreta in chiave anticomunitaria. Populismo? Ci sarà anche quello. Ma chi è in grado di tracciare il confine tra presunti irrazionalismi e critica legittima in difesa dei propri interessi nazionali e della propria comunità?».
«Sono questi i motivi che hanno portato Silvio Berlusconi e Forza Italia a dire no all'Europa tedesca. Non si tratta di ideologia, ma di ragioni economiche. Ed è l'unico argine serio che può essere posto ai populismi dilaganti. Di cui tutti hanno paura, ma che nessuno combatte veramente. Anche perché per combatterli veramente bisogna battere l'egemonismo tedesco», ha concluso.