12 ottobre 2025
Aggiornato 10:30
Riforme

Legge elettorale o gioco delle tre carte?

L’Italicum solo per la Camera: Berlusconi si lamenta. Alfano esulta. Matteo Renzi dice che il Senato verrà eliminato quindi non ha bisogno di una nuova legge elettorale

Dal cappello a cilindro della legge elettorale è uscito l’emendamento d’Attorre che prevede un Italicum valido solo per la Camera dei Deputati.

Prima che si arrivasse alla conclusione di tagliare in due il Parlamento, Michele Ainis, costituzionalista ed editorialista del Corriere della Sera, dalla prima pagina del giornale milanese aveva reclamato la riapertura dei manicomi perché a suo avviso sarebbero la location ideale per ospitare le idee e gli intrighi di chi sta lavorando a riscrivere le direttive da seguire nella prossima chiamata alle urne per eleggere il Parlamento.

Non erano passate che poche ore dai richiami alla camicia di forza di Ainis che l’intreccio di incontri e scontri fra Pd, Forza, Italia e Nuovo centro destra partoriva una soluzione salomonica: non sapendo a chi affibbiare il bambino proviamo a spaccarlo in due.

Ma dal Corriere della Sera Ainis aveva anticipato così il suo giudizio: «Non si possono trattare le due Camere come se appartenessero a due Stati lontani. Per rispetto del buon senso, se non anche del buon senno». Parole che in filigrana lasciavano intravedere una sentenza molto più pesante, tipo «questi stanno andando fuori di testa».

Matteo Renzi, del quale ormai si è capito benissimo che guarda soprattutto ai tre punti della classifica e non sta tanto a lambiccarsi se il risultato è stato ottenuto applicando il catenaccio o con un gol in manifesto fuorigioco, da Tunisi si è sbarazzato in fretta dei dubbi dei costituzionalisti eliminando con un colpo di spugna dalla mappa delle istituzioni Palazzo Madama: «Poiché il Senato lo dobbiamo eliminare è inutile che abbia una nuova legge elettorale». Si può presumere che il premier nella sua mente abbia poi aggiunto «e adesso palla al centro e pedalare».

Addentrarsi nei meandri dell’Italicum è come addentrarsi in un inferno dantesco dove non fai in tempo a schivare uno zombi che te ne trovi addosso altri cento anche più mostruosi.

Chi ha le competenze per misurare dal di dentro i possibili effetti collaterali di questa legge che dovrebbe cambiare la politica italiana dipinge scenari da film horror.

Eccone alcuni esempi.

Primo: un premio di maggioranza troppo basso, ove si incrociassero alcune percentuali di voto,  potrebbe lasciare l’esecutivo in balia di soli sei deputati.

Secondo: Con tre soglie si sbarramento diverse, se i voti si frantumassero fra i mille campanili italiani e solo un partito di minoranza fosse in grado di superare la soglia dell’8 per cento »quest’ultimo intascherebbe il 48 per cento dei seggi».

Terzo: se il fronte di maggioranza fosse rappresentato da una coalizione di 11 partiti (come l’Unione di Romano Prodi nel 2006) e nessuno di questi superasse l’assicella del 4,5 per cento, mentre tutti insieme sommassero il 37 per cento, «il risultato in seggi sarebbe zero spaccato».

Se per quanto riguarda i numeri l’unica cosa sembra affidarsi al buon cuore della provvidenza per quanto concerne non solo la mente, ma anche la mano dell’uomo è lecito porsi questa domanda: ma in questo gioco delle tre carte dell’Italicum, allo stato attuale, chi ha vinto e chi ha perso?

Fabrizio Cicchitto con la sua capacità di sintesi l’ha raccontata così. «Abbiamo eliminato il 'cartaio', che nel gioco è colui che, con il mazzo delle carte in mano, è in grado di influenzare l’andamento delle vincite e delle perdite».

Fra tutti, chi ha esultato di più è stato il partito di Alfano, si può quindi dedurre che abbia segnato qualche punto a proprio favore chi vuole le elezioni in più tardi possibile.

Ma quando c’è in campo Berlusconi è alla sua regia che bisogna guardare per capire dove andrà a finire il pallone. I suoi uomini, come si dice in politichese, hanno scelto la cautela: «la soluzione non ci piace - hanno detto - ma l’accettiamo per senso di responsabilità nei confronti del Paese».

Sono le stesse parole, come è naturale, pronunciate anche dal Cavaliere che, però, non richiesto, ha aggiunto: «questo accordo non è il frutto di un patto segreto fra me e Renzi».

E’ una affermazione che da molti è stata letta come la conferma che Berlusconi stia invecchiando. Quando era meno avanti con gli anni, sostengono, mai si sarebbe lasciato sfuggire una «excusatio non petita, accusatio manifesta».

E se invece il Cavaliere fosse ancora tanto fresco di mente da cavalcare il giochetto per mettere in cattiva luce Renzi e insinuare il seme del sospetto sia nel Pd che nei rapporti fra Matteo ed Angelino?

E poi ancora si osa parlare male dei bizantini.