7 settembre 2025
Aggiornato 16:00
Partito Democratico

Il PD e il solito vizietto del dualismo

Il verdetto di Renzi su Letta rinviato al 20 febbraio. Quello del quale il Paese non ha assoluto bisogno è una versione di D’Alema in calzoni corti. La demolizione è cosa diversa dalla rottamazione

Ci risiamo con il solito vizio della sinistra di perdere la testa all’inseguimento di dualismi e staffette.

Che cosa ci aspettava da Matteo Renzi dopola sua trionfale incoronazione al vertice della segreteria del Pd? Che ripetesse il magnifico discorso dello sconfitto che pronunciò un minuto dopo avere perso la battaglia con Bersani. Renzi in quella occasione fu ineccepibile: ammise di essere stato battuto, promise la propria collaborazione al vincitore, e annunciò di volersene tornare all’ombra dell’Arno per continuare quello che aveva fatto fino a quel momento, allontanando da se qualsiasi volontà di rivalsa o di vendetta.

Con quelle parole, che facevano piazza pulita del tradizionale e penoso recriminare utilizzato come arma di recupero di ogni disfatta politica, Renzi capovolse in suo favore l’esito delle primarie, anche se al momento non poté certo cambiare il risultato aritmetico delle primarie che avevano assegnato la vittoria a Pierluigi Bersani.

Ma la memoria degli elettori a volte è meno labile di quello che si pensa e quell’atto di lealtà è stato il piedistallo sul quale il sindaco di Firenze ha potuto costruire l’affermazione in quel recente secondo round combattuto contro Cuperlo.

Vogliamo dire che il discorso della vittoria renziana è piaciuto molto meno di quello della sconfitta? Molti suoi elettori, visto il precedente, speravano che finalmente arrivasse un po’ di chiarezza, soprattutto intorno al governo. Laddove chiarezza non vuol dire elargire promozioni, ma avere rispetto dei tempi.

Salvata la pelle dopo il cannoneggiamento del Berlusconi condannato, il governo, al momento dell’insediamento di Renzi, poteva contare su una maggioranza più che garantita da Angelino Alfano, al quale la fresca scissione dal Cavaliere non consentiva che di restare là dove, con grande sofferenza e rischio, aveva deciso di stare.

Che cosa avrebbe dovuto fare a quel punto Renzi per il bene suo, di Letta, del Pd, del Governo e degli italiani? Rilanciare la macchina interna del partito e affrontare di petto il problema delle riforme, due lavori che si esercitano sicuramente meglio da una segreteria di partito che da Palazzo Ghigi. E infatti il neo segretario ha fatto l’una cosa e l’altra, prendendosi anche parecchi rischi nel riportare alla ribalta un Berlusconi che, per la prima volta sembrava ormai rassegnato alla penombra.

Ma c’era una terza cosa che avrebbe fare per chiudere questo cerchio virtuoso: concedere al governo quelle briglie allentate che sono indispensabili a chi sta in pista e ha il compito di essere più competitivo possibile.

E invece che cosa ha fatto Renzi in queste ultime settimane? Si è preoccupato soprattutto della sua visibilità, e ha messo al primo posto della sua azione una volontà pervicace di smarcarsi dalle difficoltà di Palazzo Chigi, anzi, quando ha potuto, su queste oggettive difficoltà, ha piazzato un carico da undici.

Che senso ha usare gli strumenti tecnologici degli innamorati o dei rivali in amore per affibbiare calcetti negli stinchi ad Enrico Letta?

Che cosa a che vedere il «discorso dello sconfitto» con questi messaggini molesti, quanto quotidiani, inviati al governo via Internet?

Credo che per il bene di tutti Renzi dovrebbe fare quello che nei matrimoni è richiesto dal prete prima del definito sì: «se qualcuno ha qualcosa da dire lo dica adesso o taccia». Non a caso abbiamo tagliato «per sempre».

Insomma vuole le elezioni? Lo dica. Vuole appoggiare il governo? Lo faccia.

Quello del quale il Paese non ha assoluto bisogno è una versione di D’ Alema in calzoni corti. La demolizione è cosa diversa dalla rottamazione.

La demolizione prevede un lavoro subdolo volto a minare le fondamenta, uno spirito unicamente tendente al crollo dell’avversario.

C’è solo da augurarsi che Renzi torni all’antico e che si sbrighi a rottamare quel Renzi che abbiamo conosciuto in queste ultime settimane.