29 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Chiesa Cattolica | Dimissioni Benedetto XVI

Celestino V il Santo ingenuo, finito preda della sua Curia

Le dimissioni, o meglio l'abdicazione, di Papa Benedetto XVI, durante il concistoro di questa mattina, lunedì 11 febbraio festa della Vergine di Lourdes, ha risvegliato soprattutto negli italiani il ricordo, anche un po' scolastico legato a Dante, del «gran rifiuto» di Celestino V

AOSTA - Le dimissioni, o meglio l'abdicazione, di Benedetto XVI, durante il concistoro di questa mattina, lunedì 11 febbraio festa della Vergine di Lourdes, ha risvegliato soprattutto negli italiani il ricordo, anche un po' scolastico legato a Dante, del 'gran rifiuto' di Celestino V. Quasi otto secoli fa. «Celestino V, al secolo Pier del Morrone - sottolinea la medievista Elena Percivaldi - prese una decisione coraggiosa che, ai tempi, suscitò notevole scalpore. Scelse di farlo, nel dicembre 1294, a soli quattro mesi dalla consacrazione come una vera e propria liberazione, perché era stato eletto contro voglia, ma anche perché vittima, probabilmente, di un raggiro politico. Era un uomo schivo e amante della solitudine. La sua storia è quella di un contadino nato in una famiglia numerosa del Molise che aveva sin da giovane abbracciato il convento, ma la sua cultura era a dir poco sommaria e aveva grosse difficoltà persino ad esprimersi in latino corretto. Inoltre, quando fu scelto, era già in là con gli anni, aveva superato da un pezzo gli ottanta. Era vecchio, senza esperienza e con scarsissima cultura giuridica. Era un uomo degno sul piano morale, ma totalmente inadatto su quello politico e gestionale».

«Finì facile preda - ha ricordato la professoressa - di uomini molto più scaltri di lui, a cominciare dal potentissimo cardinale Benedetto Caetani, il quale alimentò il suo già scarso entusiasmo spingendolo ad abbandonare l'incarico. Benedetto era un finissimo giurista e forse c'è la sua mano dietro la bolla, che Celestino avrebbe emanato (ma l'originale non ci è giunto, quindi la sua autenticità è ancora controversa) poco prima di dimettersi, in cui si contempla la possibilità da parte del papa di lasciare l'incarico per gravi motivi. Fatto sta che il 13 dicembre 1294 Celestino convocò un concistoro in cui 'spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza', lasciava il pontificato 'con l'intenzione di recuperare con la consolazione della vita di prima la tranquillità perduta'. Nemmeno due settimane dopo, il Caetani (guarda caso) veniva eletto col nome di Bonifacio VIII».

«I contemporanei rimasero sconcertati dal gesto inedito. Va detto però con chiarezza che non è affatto certo, ad esempio, che 'l'ombra di colui / che fece per viltade il gran rifiuto' riconosciuta da Dante nel terzo canto dell'Inferno sia effettivamente quella di Celestino. Il sommo poeta non lo nomina, il suo altissimo senso dell'etica difficilmente poteva portarlo a condannare un uomo della levatura spirituale di Pietro. Per molti, Petrarca in primis, anzi, Celestino fu un modello di virtù, onestà e fulgore morale. Non per nulla - ha ricordato Percivaldi - fu santificato nel 1313».

Celestino fu il primo papa a lasciare il soglio pontificio? «Prima di lui abdicarono Benedetto IX e (forse) Giovanni XVIII. Prima di loro (il papa ancora non c'era) san Ponziano, dopo di lui ci fu invece Gregorio XII». Il ritorno dell'abdicazione vuol dire che siamo in un altro medioevo? «E' difficile dare una interpretazione a caldo del gesto di Benedetto XVI ma credo che il richiamo a Celestino, la cui tomba ha visitato all'indomani del terremoto dell'Aquila, nella martoriata basilica di Santa Maria di Collemaggio, sia palese. Egli riconosce che le sue forze 'per l'età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino', Celestino rinunciò 'spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo'. Curioso notare che anche Ratzinger ha 85 anni, più o meno la stessa età di Pier del Morrone al momento della rinuncia all'incarico. Più che di un ritorno al Medioevo, mi pare di ravvisare nella scelta del papa un gesto di grande coraggio e di onestà intellettuale, compiuto nel momento in cui sente di non potere più portare avanti efficacemente la missione pastorale. Un esempio, tanto più se si considera che in Italia le dimissioni sono una circostanza estremamente rara anche nel caso di manifesta incapacità, sui cui molti dovrebbero riflettere».