Legge elettorale, il PDL non cede sul premietto
I rapporti tra Pdl e Pd, lacerati dall'approvazione, con i numeri della vecchia Casa delle Libertà, della soglia minima fissata al 42,5% da raggiungere per accedere al premio di maggioranza del 12,5%. Il relatore Malan: «Abbiamo numeri per andare avanti soli»
ROMA - Ripartirà oggi alle 14, dopo una settimana di pausa, l'esame della riforma elettorale in commissione Affari costituzionali del Senato: i sette giorni di stop dovevano servire a ricucire i rapporti tra Pdl e Pd, lacerati dall'approvazione, con i numeri della vecchia Casa delle Libertà, della soglia minima fissata al 42,5% da raggiungere per accedere al premio di maggioranza del 12,5%. La pausa, però, non sembra essere stata fruttuosa e oggi, se le votazioni sugli emendamenti dovessero riprendere, il rischio - per i democratici - è che il testo venga portato avanti dal centrodestra.
Quella soglia minima che ha fatto saltare il già traballante tavolo sulla legge elettorale, in realtà, è ormai diventata un falso problema: il Pd la vorrebbe abbassata al 40% come proposto da Roberto D'Alimonte ma, posto che è convinzione comune ormai che nessuna coalizione raggiungerà percentuali con il 4 davanti, ciò che più interessa ai democratici del pacchetto proposto dal politologo dalle colonne del Sole 24 Ore è quel «premio di consolazione» al primo partito fissato al 10%. Pierluigi Bersani è andato ripetendolo per tutto il weekend alimentando anche una feroce polemica a distanza con Pier Ferdinando Casini. Tuttavia mentre il leader Udc ha aperto alla richiesta del Pd, il Pdl non ne vuole sapere: «Sono scettico su un premietto di consolazione al primo partito. Il 10 per cento è veramente una cosa sbagliata e sono contrarissimo, non ci dovrebbe essere proprio e se ci sarà certo non del 10 per cento», ha detto il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri.
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