Ilva: Clini, la tragedia dei morti si ferma investendo
Il Ministro dell'Ambiente al Meeting di Rimini: «Dobbiamo confrontarci con chi alza il cartello del numero dei morti. Lo sappiamo. Ma quella tragedia si ferma investendo nello sviluppo tecnologico e non lasciando il deserto»
RIMINI - La tragedia delle morti legate alle attività dell'acciaieria Ilva di Taranto si ferma «investendo nello sviluppo tecnologico e non lasciando il deserto». Lo ha sottolineato il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, nel corso del suo intervento al Meeting di Comunione e liberazione a Rimini.
Clini ha sottolineato come in queste settimane lui personalmente e il governo stiano vivendo momenti di «angoscia». «Dobbiamo confrontarci - ha detto Clini - con chi alza il cartello del numero dei morti. Lo sappiamo. Ma quella tragedia si ferma investendo nello sviluppo tecnologico e non lasciando il deserto».
Difendere l'ambiente non vuol dire bloccare lo stabilimento dell'Ilva di Taranto. Questo aprirebbe la strada a «fenomeni sociali che sarebbero drammatici». Parlando proprio del caso Ilva il ministro ha sottolineato che «difendere l'ambiente vuol dire difenderlo facendo e non bloccando. Difendere bloccando vuol dire bloccare lo sviluppo del Paese e aprire la strada a fenomeni sociali che sarebbero drammatici».
Secondo Clini il caso Ilva è «l'epifenomeno, la manifestazione ultima di una situazione di conflitto consolidata nel Paese negli ultimi 20 anni per l'incapacità dei governi stretti tra l'industria che non voleva investire e gli estremismi ambientalisti, estremismo che ha impedito soluzioni razionali perché nel conflitto trovava rendite politiche». Qual è la via di uscita, si è chiesto Clini. «Fare in modo - ha detto il ministro - che l'impresa investa in nuove tecnologie secondo il percorso indicato dall'Europa, da noi e dalla magistratura locale». Ad opporsi tuttavia a questo percorso secondo il ministro sono «prima di tutto quelli che vogliono la chiusura dello stabilimento che non è la soluzione, basti pensare a Porto Marghera Cogoleto e Crotone che ora sono il deserto».
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