28 agosto 2025
Aggiornato 12:00
Articolo 21: «L'asta sulle frequenze digitale fa bene al pluralismo»

PD e Di Pietro: «Fare cassa con le frequenze TV»

«E' criminale non incassare, prevedibile una mobilitazione del popolo web». Rao (Udc): «Sì all'asta in nome dell'equità»

ROMA - «Tra due giorni la manovra arriverà al Senato e si vedrà lì, in Parlamento, se il governo è davvero disposto ad accogliere i suggerimenti dell'opposizione e a modificarla rendendola meno iniqua e più efficace. Sarebbe la prima volta nella storia di questo governo, ma non è mai troppo tardi». E' quanto scrive sul suo blog il presidente dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.
«Sul fatto che la manovra sia necessaria per iniziare almeno a rimettere in sesto i conti dello Stato, non ci piove. Ma non è affatto vero che debbano per forza pagare quelli che pagano sempre. L'ingiustizia della manovra, così come l'ha pensata il governo, dipende dal fatto che l'esecutivo non vuole toccare privilegi e interessi dei potenti e così non gli resta che far tirare la carretta al solito somaro: i cittadini onesti che lavorano», aggiunge.
«Faccio un esempio, ripreso da una denuncia comparsa proprio oggi sul quotidiano La Repubblica. Devono essere assegnate sei nuove frequenze televisive, cinque per il digitale terrestre e l'ultima per le tv che si vedono sui telefonini o sugli Ipad. Le frequenze sono un bene pubblico, una proprietà collettiva che in passato è stata troppo spesso regalata o svenduta ad amici e amici degli amici e Berlusconi ne sa qualcosa, per il grazioso dono ricevuto dal suo compagno di merende Craxi. Era uno scandalo già in passato - sottolinea il leader dell'Idv - lo diventerebbe ancora di più oggi che i cittadini devono dissanguarsi per rimettere a posto i conti dello Stato. Quelle frequenze devono essere messe all'asta e gli incassi devono essere scalati dalla manovra in sostituzione dei tagli agli enti locali, cioè, in soldoni, ai servizi per i cittadini, alla sanità, all'istruzione, ai trasporti pubblici».
«Il governo pensa invece di regalare quelle frequenze, indovinate un po' a chi? - continua - A chi 'ha i requisiti adatti', cioè alla Rai e a Mediaset, l'azienda del presidente del Consiglio.
Questa ennesima ingiustizia che come al solito va a tutto vantaggio di Silvio Berlusconi, non può e non deve essere tollerata. In Parlamento l'Italia dei Valori, spero insieme a tutta l'opposizione, proporrà un emendamento alla manovra perché quelle frequenze siano messe all'asta. E chi non lo voterà non speri di farla franca in silenzio: dovrà assumersene la responsabilità di fronte a quegli stessi cittadini a cui chiede impunemente nuovi sacrifici».

PD: «Dall'asta 3-4 mld di euro» - «Le sei nuove frequenze televisive nazionali scovate dall'Autorità per le Comunicazioni sono un vero tesoretto che sarebbe criminale sprecare o meglio regalare come è in procinto di fare il governo». Lo afferma Alberto Lo Sacco per il Pd. «Bene ha fatto a lanciare l'allarme il collega Vincenzo Vita che ha evidenziato come con una possibile e doverosa asta si potrebbero ricavare tra i tre e quattro miliardi di euro», aggiunge il parlamentare.
«Una risorsa insperata: proprio quando il governo chiede agli italiani sacrifici enormi sarebbe assurdo ignorare soluzioni in grado di attenuarli. Si tratterebbe di un segnale importante sulla salute morale del governo e sulle reali intenzioni nell'intervenire su quelle porzioni di patrimonio statale del tutto improduttivo. Vedremo se quei pezzi di maggioranza che credono nella necessità di migliorare la manovra, senza far pagare i soliti tartassati e soprattutto senza continuare a fare enormi ed immotivati regali ai soliti noti, si uniranno a questa battaglia».
«Speriamo che questa volta, in presenza di una crisi che sta mettendo sul lastrico milioni di italiani, nel governo l'interesse nazionale prevalga su quelli particolari che da troppi anni ingessano il nostro sistema televisivo e il conflitto di interessi non vanifichi il ritrovamento di questo insperato tesoro».
«E' una battaglia di libertà e giustizia - conclude - a cui sono certo aderirà anche il popolo della rete, per difendere ciò che è giusto per il paese e per il sistema dell'informazione».

Briguglio (Fli): «All'asta 2 reti Rai e frequenze tv» - «Siamo stati tra i primi a proporre la privatizzazione della Rai, dall'asta di due reti verrebbero nelle casse dello Stato risorse cospicue. Siamo anche d'accordo nel mettere all'asta le nuove frequenze tv da cui si ricaverebbe un tesoretto di alcuni milioni di euro». Lo afferma Carmelo Briguglio, vice presidente vicario dei deputati di Fli.
«Sono due strade per reperire fondi molto rilevanti per non tartassare gli italiani e per non fare altri regali alle aziende di famiglia di Berlusconi a cui si vorrebbero regalare nuove frequenze digitali. Tra Berlusconi e gli italiani noi ci batteremo perchè ci guadagnino gli italiani».

Pd-Articolo 21: «L'asta sulle frequenze digitale fa bene al pluralismo» - «E' molto positivo che la proposta di un emendamento al decreto anticrisi finalizzato a fare una vera e propria asta competitiva per le frequenze televisive digitali stia riscuotendo interesse e consenso». Lo affermano in una nota congiunta Vincenzo Vita, senatore del Pd, e Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21.
«E' importante che già nelle prossime ore si stabilisca un fronte comune finalizzato a far prevalere finalmente l'interesse generale in un settore dominato da quelli particolari - continuano - Uno innanzitutto. Gli editori non siano giudicati o pre-giudicati per la loro grandezza o per il loro cognome. Il digitale ridiventi l'occasione per disegnare un vero pluralismo del sistema. E con le risorse incassate si può eliminare almeno una parte degli odiosi tagli alla cultura e allo stato sociale.»

Rao (Udc): «Sì all'asta in nome dell'equità» - «Un'asta per l'assegnazione delle frequenze tv digitali risponderebbe innanzitutto a un'esigenza di equità e trasparenza, principi che questo governo ha finora maltrattato». Lo afferma Roberto Rao, capogruppo Udc in commissione parlamentare di Vigilanza Rai.
«Siamo ancora in attesa di sapere perché sono state sottratte le frequenze da 61 a 69 solo alle emittenti locali e perché è stato consentito agli operatori nazionali già presenti sul mercato di partecipare al beauty contest per i nuovi multiplex - continua - Solo nei paesi dove la democrazia e dunque il pluralismo nel servizio pubblico radiotelevisivo non sono di casa viene concessa la possibilità di fare informazione in base a criteri discrezionali. Un conto è mettere tutti in condizione di aggiudicarsi questi spazi, un altro è favorire i soliti noti: bella differenza, solo questo esecutivo fatica inspiegabilmente a coglierla».