25 aprile 2024
Aggiornato 01:30
Manovra economica

Pdl tenta il ricompattamento interno, si tratta con la Lega

I «Frondisti» aprono, ma Calderoli chiude sulle pensioni. Monito della CEI

ROMA - E' il momento del ricompattamento. Almeno all'interno dei due partiti più grandi, Pdl e Pd. Proprio mentre Roberto Formigoni, governatore arci-critico sulla manovra economica, torna a dare la sveglia al segretario Angelino Alfano: «Pdl in agonia, facciamo le primarie in autunno, apriamoci al popolo». Ad ogni modo, il premier Silvio Berlusconi mette al lavoro capigruppo e fedelissimi nel tentativo di richiamare all'ordine i vari gruppetti di frondisti scatenati a chiedere modifiche alla manovra economica. Il Pd si ritrova nella proposta dell'ex segretario Walter Veltroni di porre come condizione del confronto con la maggioranza il dimezzamento del numero dei parlamentari. Ma sono ancora tante le tensioni che soffiano sulla manovra che inizierà il suo iter in Senato la prossima settimana. Si continua a trattare su pensioni e tagli agli enti locali, temi spinosi per la Lega.

«La lettera agli amici dissenzienti», firmata da Fabrizio Cicchitto sul Giornale dice molto del tentativo di riportare alla calma il Pdl. Il capogruppo alla Camera invita i vari «Martino, Pera», «contestatori radicali» del decreto anti-crisi, a ragionare. «Nessun tradimento della rivoluzione liberale - promette - ma c'è uno tsunami finanziario...». Quindi, il capogruppo del Pdl alla Camera fa un elenco dei temi sui quali è possibile aprire una «seria riflessione». E cioè: «tassazione di solidarietà, quoziente familiare, utilizzazione dello scudo fiscale, vendita di una quota di immobili statali (ndr. caserme e uffici di pubblica amministrazione), eliminazione del blocco della liquidazione per i dipendenti pubblici». Punti che lasciano intendere aperture a tutto campo. Sul quoziente familiare, per esempio, sembrerebbe cosa fatta un accordo con l'Udc, che lo chiede da tempo.

Oggi poi sulla manovra si è levata anche la voce del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che denuncia le «cifre impressionanti» dell'evasione fiscale e chiede: «La famiglia sia al centro della manovra». In tal senso, Carlo Giovanardi annuncia la presentazione di emendamenti, il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi promette che «le indicazioni della Cei verranno tenute in conto», mentre i cattolici del Pd pure apprezzano: «Bene Bagnasco. Sì al fattore famiglia», dice il Popolare Giuseppe Fioroni. Fuori dal Parlamento, si rafforza invece la fronda di origine Radicale che chiede di far pagare alla Chiesa l'Ici e Ires sulle proprie attività commerciali. Nel profluvio di dichiarazioni estive cui ci ha abituati da settimane, della questione parla addirittura Vasco Rossi, dall'alto della sua pagina Facebook con oltre due milioni di fans: «Tassate anche i beni della Chiesa!». Ed è pollice su per oltre tremila utenti.

Di pari passo con l'intervento di Cicchitto, il sottosegretario Guido Crosetto, leader dei frondisti della prima ora nel Pdl, fa marcia indietro. «Riconosciamo il bene comune del paese - dice in un'intervista alla Stampa - con la Lega c'è un vincolo di coalizione, se insiste a non voler toccare le pensioni, ci fermeremo». Insomma, «nessuno scontro frontale», promette Crosetto.

La Lega deciderà le sue mosse lunedì prossimo, nella riunione di di segreteria politica in via Bellerio, alla luce del lungo confronto di Umberto Bossi e Roberto Calderoli ieri con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Intanto però proprio Calderoli smentisce qualsiasi apertura del Carroccio sulle pensioni: «Stanno bene come sono». E per rafforzare la tesi, il ministro per la Semplificazione fa il paragone con lo scudo fiscale bis: «Il giorno prima era nei titoli dei giornali ed era falso. L'apertura sulle pensioni non so dove qualcuno possa averla vista...». Ma il caos regna sovrano, visto che lo stesso Cicchitto non esclude un nuovo scudo fiscale, mentre l'idea di toccare le pensioni non è affatto tramontata.

Riflettori dunque sul vertice del Carroccio lunedì, quando sarà 'resa dei conti' tra le due linee che ormai spaccano il partito: quella di Bossi, reticente a ritoccare le pensioni, e quella di Maroni, sostenuto da vari amministratori locali e dunque arrabbiato per i tagli agli enti locali contenuti nel decreto governativo.