3 maggio 2024
Aggiornato 14:00
«Il Premier non può tenere l'Italia in prigione»

Bersani insiste: Dimissioni Berlusconi e riforma elettorale

«Ripartiamo da un nuovo Ulivo aperto alle forze che dicono sì alle riforme»

ROMA - Berlusconi non può tenere l'Italia in prigione, se è uno statista deve dimettersi dopo la sconfitta alle amministrative. Pier Luigi Bersani torna a chiedere un passo indietro del presidente del Consiglio, ancor più oggi che il Parlamento ha fissato per fine giugno il dibattito in cui si discuterà la verifica sulla maggioranza a seguito dei nuovi ingressi nel governo.

L'APPELLO AL PREMIER - Già ieri il segretario del Pd traendo le somme del risultato dei ballottaggi, che ha visto affermarsi il centrosinistra un po' ovunque, aveva chiesto le dimissioni di Berlusconi e oggi ha rilanciato il suo appello alle «forze più responsabili del centrodestra affinchè prendano atto della situazione per il bene del paese». La prima scelta per il leader del Pd è andare a votare, anche se servirebbe una riforma della legge elettorale che restituisse ai cittadini il potere di scegliere i parlamentari: «Andiamo a votare - ha esortato -, se troviamo lo spazio per fare una legge elettorale meno vergognosa bene, sennò andiamo a votare perchè il paese non può stare nella palude». Pronti a discutere con tutte le forze politiche di una nuova legge elettorale anche con la Lega che, è la previsione di Bersani, presto si «autonomizzerà» dal Pdl dopo aver deluso i suoi elettori per le promesse non mantenute. Ma Bersani è «pessimista» sulla possibilità di persuadere il premier a varare una riforma del sistema di voto visto che «ha già detto che questa è la legge migliore del mondo».

NUOVO ULIVO - Quanto al fronte dell'alternativa Bersani ha ricordato che il Pd è «prossimo ad essere il primo partito nazionale» e dunque gli spetta l'onere di costruire una nuova coalizione di governo, per farla ha rilanciato il progetto del nuovo Ulivo, ossia una coalizione che parta dalle forze riformiste e della sinistra di governo ma aperta ad altri, senza paletti, a quei soggetti politici che condivideranno 10 riforme per il paese. Chi la guiderà? «Io ci sono ma non mi metto davanti al progetto», ha spiegato il leader del Pd che ha detto la sua anche sulle primarie: «Ci sono affezionato ma non sono un automatismo». Ossia decideranno le forze che faranno parte della coalizione se farle o meno per scegliere il nuovo candidato a palazzo Chigi.