Di Pietro: per l'imbroglio sui referendum bisognerebbe chiamare i Carabinieri
Ma Butti del Pdl replica: «Non capisco, è stato concordato tutto con Pardi dell'Idv»
ROMA - «Qui c'è in gioco un diritto costituzionale, il diritto dei cittadini a essere informati sulle consultazioni di giugno. Chi deve tutelare la Costituzione se non il suo garante principale, il presidente della Repubblica?», conclude», ha affermato Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori.
DI PIETRO: FAREMO RICORSO AL TAR - «Ora la Rai passi ai fatti. Ma siamo di fronte a un dolo, a una volontà criminale reiterata e senza limiti, dovremmo invocare l'intervento del presidente della Repubblica e dei Carabinieri.
Ho dato mandato all'avvocato Pace di rivolgersi alla Corte Costituzionale: faremo un ricorso al Tar perché l'articolo sia cancellato e abbiamo fatto un appello ai presidenti di Camera e Senato e al Quirinale», ha annunciato di Pietro.
Il ricorso al Tar è contro la norma del regolamento sul referendum che prevede un rinvio di due settimane delle tribune elettorali.
BUTTI (PDL) : NON CAPISCO DI PIETRO, ABBIAMO CORDATO TUTTO CON PARDI CHE E’ DELL’IDV - Gli emendamenti del Pdl rimasti e votati per il regolamento sul referendum sono stati concordati con il relatore del testo, Pancho Pardi di Idv. Lo dichiara Alessio Butti, capogruppo Pdl in Vigilanza, criticando il Fatto che oggi evidenzia, dando anche voce al leader Idv Di Pietro, il ritardo su tribune e spot per la consultazione referendaria che, secondo il regolamento approvato mercoledì in Vigilanza, sarebbero dovuti partire da metà maggio, a 15 giorni dalla pubblicazione del testo in Gazzetta ufficiale.
IL REGOLAMENTO E’ PASSATO ALL’UNANIMITÀ’ E NESSUNO SI E’ LAMENTATO - Il Fatto continua a scrivere sciocchezze sui lavori della Vigilanza Rai. Calunniano, offendono, raccontano falsità sempre con violenza inaudita. E non si smentiscono nemmeno sul regolamento per l'informazione dei referendum. La verità è che il PdL ha ritirato la stragrande maggioranza dei suoi emendamenti e i pochi rimasti li ha concordati con il senatore Pardi che, udite udite, è dello stesso partito dello strillone Di Pietro. Il regolamento è passato all'unanimità e nessun commissario ha lamentato le fesserie scritte da «Il Fatto». Questo metodo scorretto e patetico di fare falsa informazione è tipico di un giornalismo che non conosce l'abc della professione e della giusta deontologia», conclude.