29 marzo 2024
Aggiornato 06:30
Celebrazioni unità d'Italia

Borghezio: «Attenti ai monumenti»

L'europarlamentare della Lega Nord: «Il cadavere dell'eroe dei due mondi andrebbe fucilato non celebrato»

ROMA - «Con la retorica impositiva del Risorgimento non vorrei che statue e targhe dedicate a Garibaldi corressero pericoli». Lo ha detto l'europarlamentare della Lega Mario Borghezio, ospite di KlausCondicio, il talk show di Klaus Davi in onda su You Tube. «Per la nostra gente l'Unità d'Italia ricorda soprattutto le tasse, gli sprechi, le pensioni facili, tutta quella porcheria.

SE SUCCEDE QUALCOSA A STATUE E MONUMENTI LA COLPA E’ DELLE ALTE CARICHE - Considerato che stiamo uscendo con difficoltà da una crisi finanziaria, festeggiare significa non avere senso di responsabilità e dell'interesse generale. Siamo noi i veri patrioti», mentre «quelli che, a cominciare dalla alte cariche dello Stato, si intestardiscono su questa posizione non pensano al bene generale. E forse non si rendono conto della conseguenze negative e pericolose che forse non siamo nemmeno in grado di evitare».

GARIBALDI SI FECE SCORTARE DA MAFIOSI CAMORRISTI - «Non vorrei che con questa risorgimentalite - ribadisce l'esponente della Lega - qualcuno dei troppo numerosi monumenti e targhe dedicati in tutto il Paese a Garibaldi subisse qualche pericolo. Se succederà sarò il primo a dire di chi è la colpa: di quelle alte cariche che non hanno pensato alle conseguenze negative di tanta retorica». Anche perchè il giudizio che Borghezio dà di Garibaldi è tutt'altro che positivo: «Entrò a Napoli scortato dai mafiosi e dai camorristi. Per questo andrei a fucilarne il cadavere e non certo a celebrarlo, mi si perdoni la provocazione.

L’IMPOSIZIONE DELLA FESTIVITA’ E’ UN ATTO TOTALITARIO E VIOLENTO - Questi sono fatti storici, la gente deve sapere che Garibaldi pagò le pensioni alle mogli dei mafiosi. E' l'icona di «Roma ladrona», un alleato della mafia, uno che ha portato i mafiosi nel Palazzo e non ha favorito il popolo e la gente per bene, come numerosi storici hanno inequivocabilmente accertato».
Insomma «è un personaggio da dimenticare, l'imposizione per decreto di queste festività è un atto totalitario e violento».