26 aprile 2024
Aggiornato 05:30
Milano 2011

Pisapia vince le primarie ed è terremoto nel PD

Enrico Letta: «Riflessione interna prima che sia troppo tardi». Bindi: «Avevo consigliato di non schierarci,ora traiamo conseguenze»

MILANO - La vittoria di Giuliano Pisapia alle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato sindaco di Milano fa tremare i piani alti del Partito democratico. All'indomani della sconfitta dell'architetto Stefano Boeri sostenuto dall'intero Pd, il gruppo dirigente locale rassegna compatto le dimissioni mentre a livello nazionale si apre una profonda riflessione sulle linea del partito.
Sono in molti nel capoluogo lombardo, da quasi un ventennio roccaforte del centrodestra, a leggere la vittoria dell'avvocato sull'architetto come una vittoria della linea Vendola su quella del Pd di Bersani. Al leader di Sinistra, ecologia e libertà, sabato scorso a Milano per tirare la volata a Pisapia, la città aveva riservato una calorosa accoglienza, benchè il suo candidato fosse dato per svantaggiato rispetto all'avversario Boeri. Poi ieri sera il risultato del voto: Pisapia con il 45,3% dei consensi batte Boeri arrivato al 40,1%.

Per i big del partito una sconfitta bruciante, tanto più se si considera che alla bocciatura del proprio candidato si è aggiunta una bassa partecipazione al voto, circa 70 mila votanti contro i 100 mila attesi e gli 80 mila della scorsa tornata. Due dati che, oltre a costare la poltrona ai vertici locali, per il vicesegretario del Pd Enrico Letta «aprono interrogativi che non possono essere superficialmente elusi. Ovviamente il risultato va accettato con un conseguente appoggio al candidato vincitore. Ma il voto milanese disegna scenari sui quali sarà bene riflettere in profondità prima che sia troppo tardi».

Sulle primarie milanesi questa mattina era intervenuta anche la Velina rossa, foglio di simpatie dalemiane, che ha chiesto senza troppi giri di parole le dimissioni di Filippo Penati, attuale capo della segretaria politica di Pier Luigi Bersani e fino allo scorso anno presidente della provincia di Milano. «Non è più possibile, di fronte al responso delle primarie milanesi, non chiedere un atto di umiltà politica con le dimissioni dagli incarichi nazionali e locali per Filippo Penati» scriveva stamattina il foglio politico. Ma per Penati la sconfitta di Boeri non è una sconfitta del Pd. «Se qualcuno - avverte - vuole tradurre il risultato delle primarie in una lotta per l'egemonia all'interno del centrosinistra, cercando di farlo apparire come un voto contro il Pd, non solo dice una cosa falsa ma oltretutto indebolisce la possibilità di una vittoria contro Letizia Moratti perché senza il Pd non si va da nessuna parte».

In serata però arrivano le parole del presidente del Pd, Rosi Bindi, che suonano come un tentativo di scaricare chi a livello locale aveva spinto per sostenere Boeri. «Avevo consigliato il mio partito a non schierarsi nelle primarie di Milano - ricorda Bindi - Non per ignavia ma perché eravamo di fronte a tre autorevolissimi candidati. I dirigenti locali hanno deciso il contrario ed era inevitabile, anche per lealtà verso il Pd, sostenere la loro scelta. Ora, immagino, ne trarranno le conseguenze per capire meglio i bisogni della città». Nei fatti il metodo Vendola, forte del carisma e del linguaggio innovativo del presidente pugliese, ha dimostrato di poter funzionare anche al Nord, dove a farla da padroni sono il centrodestra con Pdl e Lega. Anche per questo Pasquale Laurito sulla velina Rossa chiede che le primarie siano interne al Pd. «In una situazione di questo genere, con il preannuncio di un terzo polo, se il Pd vuole proseguire con le primarie, queste devono avvenire unicamente tra i rappresentanti del partito e non coinvolgere la cosiddetta coalizione. Soltanto dopo l'indicazione da parte degli elettori del Pd della personalità che può guidare il partito alle elezioni si deve pensare alla futura coalizione».