Va in onda il D'Alema-show
«Tra l'elogio della Prima Repubblica e lite con De Benedetti. Anche a sinistra disprezzo per la cultura politica»
ROMA - Il dibattito è sulla comunicazione politica e sul banco degli imputati c'è innanzitutto Silvio Berlusconi, le sue «volgarità», il suo «populismo», ma per Massimo D'Alema tutto questo è solo un spunto per un affondo a tutto campo che non risparmia nessuno: la «borghesia italiana» che alimenta da tempo l'antipolitica, i giornali e i commentatori, i «banchieri» che «predicavano il primato dell'economia» e quelli che «anche a sinistra» praticano la scorciatoia populista, primo fra tutti Carlo De Benedetti che, sebbene non citato per nome, viene descritto come un «berluschino di serie B».
L'occasione è la presentazione del libro di Michele Prospero «Il comico della politica«, un saggio sulla comunicazione politica, in particolare quella berlusconiana, che chiama in causa anche chi a sinistra, come Walter Veltroni cede al «neopopulismo soft», come dice l'autore della pubblicazione. Prosperi se la prende anche con «le Fabbriche di Nichi», contro «l'americanismo di sinistra» che ha soppiantato il «lavoro faticoso di una elaborazione complessa».
Parole fanno un'eco perfetta con quelle di D'Alema. «Berlusconi è una manifestazione estrema ma non sradicata dalla storia del Paese», avverte. «Si presenta come una estremizzazione di tendenze proprie della società italiana e di fenomeni legati alla globalizzazione», ovvero lo svilimento della dignità dei politici e il «dominio dell'economia sulla politica». Dice D'Alema: «La vittoria di Berslusconi non si spiega senza una egemonia culturale, le idee che Berlusconi rappresenta sono idee dominanti, anche nella sinistra». Prima fra tutte, «il disprezzo per la cultura politica, l'esaltazione acritica della società civile». In Italia, avverte, è in atto da anni un processo di «distruzione della politica».