18 agosto 2025
Aggiornato 07:00
Politica. PD

Parisi: partito sempre più a rischio

Preoccupazione espressa in una intervista al settimanale l'Espresso. Duro attacco a D'Alema dall'ex Ministro della Difesa

ROMA - Forte preoccupazione di Arturo Parisi sul futuro del Partito Democratico che vede scivolare in una deriva di ricerca del «potere solo per il potere» con il rinnegamento del progetto di un quadro politico maggioritario. Preoccupazione espressa in una intervista al settimanale l'Espresso in cui boccia il segretario Bersani e accusa D'Alema di essere l'ispiratore della involuzione in corso del Pd: «Un professionista del 'se po' fa' che ricalca Andreotti».

Per Parisi i guai sarebbero originati da una mancata chiarezza in un congresso che non è stato un vero congresso: «La verità è che quello che chiamiamo congresso è stato tutto fuorché un congresso» e ha portato ad una situazione di «farsa». «Ripetere -spiega Parisi - che al congresso ha vinto una linea e che quindi non va rimessa in discussione. Peccato che nessuno abbia avuto il coraggio di esplicitarla ne' prima ne' dopo, anche se intanto una linea veniva evocata in sottofondo, chiarissima».

Quale? «Quella di Massimo D'Alema. E' da mesi -dice Parisi - che mi aggrappo a una domanda: tutti sappiamo che D'Alema appoggia Bersani. Ma mi può dire Bersani se appoggia la linea di D'Alema?».

Come le ha risposto il segretario? «Prima del voto con il silenzio. Dopo il voto con le parole di D'Alema. Come temevo, vedo D'Alema illustrare la sua linea a reti unificate, quasi che il segretario fosse lui».

E alla domanda su quale sia la linea di D'Alema oggi, Parisi ha risposto: «D'Alema parla chiaro, fin troppo: restituire ai partiti il loro ruolo centrale. Tornare alla democrazia della delega contrastando ogni tentazione di democrazia diretta dei cittadini. Abbandonare ogni illusione sulla preminenza del progetto e ridare forza ai soggetti, cioè ai partiti e ai capipartito, affidandosi alla loro saggezza e professionalità. Il ribaltamento del cammino di questi anni. Il peggio è che a parole si pretende di continuare a professare anche l'opposto. Le primarie, si dice, sono nel Dna del Pd, ma se poi si possono evitare, meglio. Oppure i governi debbono fondarsi sul voto degli elettori, ma se poi si può evitare di scomodarli, come in Sicilia, ancora meglio...».

Parisi richiama quanto sta avvenendo per le regionali dove vince «la politica del potere per il potere» che porta inevitabilmente al «trionfo del trasformismo. Dopo mesi nei quali abbiamo cantato l'assoluta priorità del programma, sento ora il nostro Letta intonare il canto della priorità delle alleanze, ossia che l'unica cosa che conta è la vittoria. E questo nella regione di Tarantini e della D'Addario, della estesa commistione tra affari e sanità, senza che si capisca più quale sia la differenza tra destra e sinistra. Solo l'assoluto disinteresse per la Repubblica può spiegare perché si parta dalle alleanze e non dal cosa fare con gli alleati. Non so se continuando così perderemo. La mia paura è invece che ci perderemmo, anzi, che ci siamo già persi».

D - Anche l'Unione di Prodi andava da Bertinotti a Mastella. Che c'è di male ad allearsi con l'Udc?.

PARISI - «Nulla. Perché non dovrei confrontarmi con Casini, la cui qualità è assolutamente comparabile, e a volte superiore, a quella di molti miei compagni di partito? Il tema non è con chi, ma è su che cosa confrontarsi, e soprattutto perché incontrarsi».

D - Per alcuni dirigenti del Pd il modello Parisi ha consegnato l'Italia ai partiti personali, al berlusconismo...

PARISI - «Quello che chiamano il mio modello è la democrazia maggioritaria, la democrazia chiesta coralmente dai cittadini in due referendum. Ed è quello che ha consentito al centrosinistra di vincere due volte le elezioni. Se in quel modello Berlusconi ha vinto è perché ha messo in campo un progetto nuovo con un soggetto nuovo. Noi invece abbiamo spesso detto di giorno cose che abbiamo contraddetto di notte».

D - Cosa dovrebbe fare D'Alema per sciogliere la contraddizione?.

PARISI - «Vuole cambiare il modello? Bene. Abbia il coraggio di dirlo con chiarezza: 'Tredici anni fa a Gargonza, ho cercato di spiegarvelo con gentilezza. Visto che non capite, ve lo dico ora come meritate. Le primarie, il maggioritario, la democrazia dei cittadini? Sono tutte boiate'. La ricreazione è finita».

D - Il suo è lo sfogo di un politologo, replicherebbe lui, ora deve tornare la politica...

PARISI - «Ma la crisi della politica è prima di tutto crisi dei politici. La realta' è che nemmeno D'Alema pretende più di parlare a nome di un'aristocrazia, ma solo come espressione al più di una corporazione. Le virtù che mette in campo non sono le grandi virtù dei tempi delle grandi scelte, ma le piccole virtù dei professionisti del 'se po' fa', dei politici che sanno con chi e come si può trattare su ogni cosa, quelli che ricalcano il proprio profilo su quello di Andreotti. Ma Andreotti ha elaborato il suo realismo per conservare un potere che deteneva. Qui si pretende invece di imitarlo per conquistare un potere che non abbiamo».

D - In caso di sconfitta alle regionali torna in pericolo la vita del Pd?.

PARISI - «Vinca o non vinca questo Pd a rischio lo è già. Se nella stagione rosa dell'idealismo il rischio fu la retorica e la propaganda, la delega ai professionisti rischia ora di portarci sulla scia del loro realismo al cinismo di massa, al trasformismo. Come il clericalismo per la religione, è il politicismo che affossa la politica, che è progetto, mobilitazione delle coscienze, orientamento delle passioni».