29 marzo 2024
Aggiornato 12:30

Iran, Frattini: «Aiutiamo chi è in difficoltà ma serve linea UE»

Capo gabinetto del ministro riceve delegazione esuli a Trieste

TRIESTE - In Iran la diplomazia italiana è pronta a dare assistenza a chi è «in difficoltà», come gli oppositori al regime, ma non può essere «il solo paese europeo a farlo»: serve una linea d'azione comune fra i Ventisette, che sarà discussa nel fine settimana già a Corfù a margine della ministeriale Osce. E' questa, in sintesi, la posizione del ministro degli Esteri Franco Frattini, intervistato stamattina da Radio Farda, un'emittente statunitense in lingua farsi.

«L'Italia ha sempre avuto un'assoluta attenzione ai diritti umani» ha osservato Frattini, che stamattina partecipa ai lavori conclusivi del G8 di Trieste. «Quando sappiamo che vi sono persone in difficoltà, l'Italia è sempre pronta a fare la sua parte - ha aggiunto il ministro - Purtroppo finora siamo stati il solo paese europeo a farlo».

Il titolare della Farnesina ha annunciato che «porrà il problema agli altri paesi Ue» nelle prossime ore, a Corfù. «Credo che tutti dobbiamo fare la stessa cosa - ha osservato - non ci si può affidare all'Italia o a un solo paese. Questa è un'azione - secondo Frattini - che dev'essere europea».

Proprio stamattina il capo di gabinetto di Frattini, Alain Economides, ha ricevuto a Trieste una delegazione di esuli del 'Comitato di sostegno alle lotte democratiche del popolo iraniano', a cui ha promesso che l'ambasciata italiana a Theran continuerà ad assistere le persone in difficoltà.

«Ci hanno dimostrato grande sensibilità rispetto al problema, assicurandoci che continueranno a fare quello che hanno fatto finora» ha spiegato Jalal Saraji, rappresentante del Comitato che chiede, fra l'altro, «la condanna ufficiale dell'Iran per avere sistematicamente calpestato i diritti umani; l'istituzione di una commissione indipendente internazionale per la verifica delle atrocità commesse durante le recenti manifestazioni e che i Paesi che hanno aderito alla convenzione dei diritti umani lascino aperte le porte delle loro sedi, perché possano servire da rifugio per i feriti».