4 maggio 2024
Aggiornato 08:00

Appello di Fini ai giovani: la mafia è dittatura, ribellarsi

«Lo Stato è all'attacco, abbiamo tolto la roba ai mafiosi»

PALERMO - Mezza giornata nel palermitano per esortare i giovani, e meno giovani, a ribellarsi alla «dittatura della mafia», ma anche per ricordare di tramandare ai posteri il sacrificio di chi, anche se ignoto alle cronache, per combattere la mafia e il banditismo, indossando una divisa, ha perso la vita. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini ha lanciato il suo appello ai giovani da Bagheria, dove è andato per consegnare gli attestati di fine corso ai giovani che hanno seguito le lezioni del 'Parlamento della legalità'.

La mafia - ha sostenuto Fini - è una dittatura, può togliere le vite, limitare le libertà cancellare le dignità agli uomini: i popoli che cadono sotto le dittature si ribellano per liberarsi». Per questo il presidente della Camera ha esortato i giovani a «ribellarsi alla mafia: bisogna liberarsi da questa dittatura». Di passi avanti, rispetto al passato, secondo Fini ne sono stati fatti, tanto che adesso «si vede la luce». «Negli ultimi anni - ha sottolineato - sono stati fatti grossi passi in avanti che dobbiamo salutare con soddisfazione: oggi la luce c'è, lo Stato ha reagito, è cresciuta la volontà nella società di non calare il capo». Il presidente della Camera ha poi ricordato come lo Stato, che oggi è «all'attacco», ha tolto «la 'roba' ai mafiosi, li abbiamo arrestati e finiremo per arrestarli tutti. Se pensavano che lo Stato fosse debole si sono sbagliati».

Per battere la mafia definitivamente, però, «bisogna guardare dentro se stessi e, piuttosto che chiedere cosa lo Stato può fare per noi, chiedersi cosa voi potete fare per lo Stato», afferma ancora Fini, segnalando come è necessario avere la coscienza che il crimine organizzato viene favorito dalla «accondiscendenza» dei cittadini. La lotta alla mafia, per Fini, «non è solo quella delle istituzioni e di quelli che si ribellano, ma è anche nella volontà che un popolo deve avere di ribellarsi».

Anche la politica, però, deve continuare ad avere un ruolo determinate che escluda collegamenti fra suoi componenti e la mafia, e chi «rappresenta il popolo, la politica, deve garantire trasparenza e la forza dell'esempio e del comportamento». E su questo campo, ha sottolineato il presidente della Camera, «c'è ancora da fare». Ma, ha voluto mettere in chiaro Fini, «non ci sono mafiosi alla Camera, non ci sono coloro che la difendono, non ci sono coloro che hanno compiacenze». Anzi il primo inquilino di Montecitorio ha assicurato l'impegno «di tutti i 630 deputati della Camera». Sottolineando, però, come abbia più importanza la denuncia fatta da un ragazzo di 17-18 anni rispetto a quella di uno che parla da una tribuna importante», ma lontana.

Rivolgendosi ancora ai giovani Fini li invitati a «non votare chi vi dice dammi il voto e poi io ti do un posto di lavoro» e ha pure consigliato loro, poco dopo a San Cipirello - dove ha visitato la sede del 'Parlamento della legalità' che si trova in un immobile confiscato alla mafia - «a fare una pernacchia a chi vi dice 'chi te lo fa fare'. Tu - ha detto Fini - devi rispondere 'lo faccio anche per te che non hai il coraggio'».

Nel corso della sua visita nel palermitano, Fini ha poi più volte ribadito come sia giusto onorare «i martiri, gli eroi con comportamenti quotidiani: accanto a chi ha perso la vita - ha sottolineato - bisogna essere grati ai tantissimi servitori dello Stato che la combattono ogni giorno. Non penso - ha spiegato - solo ai vertici dello Stato, penso a ragazzi come voi, con qualche anno di più, che vestono la divisa e non lo fanno per denaro, perché non prendono molto, ma che combattono per la libertà». Ultima tappa, Montelepre, il paese di Salvatore Giuliano. Qui il presidente della Camera ha sottolineato che «è un dovere delle istituzioni rendere omaggio a coloro che si sono sacrificati». Poco prima di togliere il velo ad una targa che ricorda i carabinieri morti nella lotta al banditismo, Fini ha detto che «ricordare oggi, mezzo secolo dopo, degli uomini in divisa non deve apparire un atto retorico: è un dovere. Chi combatteva nel nome della legalità contro il banditismo va ricordato per essere d'esempio per i giovani. Se il banditismo è storia di ieri - ha concluso Fini - la necessità di tenere alta la guardia è dovere di oggi. Lo Stato è cambiato, la mafia è cambiata, ma l'impegno di ieri deve essere l'impegno di oggi».