26 aprile 2024
Aggiornato 07:30
Decreto Università

«Il decreto legge sull'Università è un passo in avanti»

Ti proponiamo l’intervento di Stefano Caldoro, deputato del Pdl e Componente Commissione Cultura Camera

Si sarebbe potuto fare di più sul piano del rigore, anche rispetto alle attese della vigilia, ma il provvedimento rasserena il clima . Sono necessarie, nella filiera del sapere, decisioni forti e rapide contro gli sprechi e le disfunzioni ampiamente diffuse nel sistema della formazione anche per effetto di posizioni corporative oggi sostenute dall’opposizione. Veltroni ha prima proposto i dieci punti sull’Università, vaghi ambigui ma almeno qualcosa, e subito dopo li ha rimessi nel cassetto.

Veniamo però al merito delle cose previste. L’aumento dei fondi per il diritto allo studio è una scelta strategica. Lo studente diventa centrale nelle politiche per l’Università e si gettano cosi le basi per la costruzione di una moderna legge quadro su un nuovo welfare studentesco che ridefinisca, in forme innovative, diritti e doveri degli studenti. E’ del tutto di buon senso la scelta di una diversa modulazione della razionalizzazione dei fondi non più prevista con tagli generalizzati ma con interventi mirati contro gli sprechi e le diseconomie. Il turnover che passa dal 20 al 50% - da aggiungere la deroga sui ricercatori – di fatto riduce i tagli previsti dal 2010 sul fondo di finanziamento ordinario di oltre il 30% riducendo di molto le preoccupazioni di questi mesi degli studenti e dei docenti . Sarà necessario, in seguito, condividere con il sistema dell’autonomia un patto di stabilità per il controllo della spesa, ed accordi di programma per premiare la qualità dei singoli atenei. I problemi dell’Università di Catanzaro sono diversi da quelli della Statale di Milano.

Sulla vicenda del reclutamento ci sarebbe voluto invece maggiore coraggio. Il nostro Paese è il primo per il numero di docenti a tempo indeterminato - ultime rilevazioni rilevano 63.000 posti di ruolo - e tra gli ultimi nel rapporto docente per studente. Il «peso» del tempo indeterminato produce un precariato diffuso, sotto pagato e non rilevato, per mancanza di requisiti minimi, come docente/ricercatore a pieno titolo. L’attuale sistema protegge la parte alta della piramide – da noi più simile a un cilindro – e lascia nell’incertezza i più giovani. Le immissioni in ruolo per qualifica con le vecchie regole - tenuto conto che non si è dato vita ai provvedimenti attuativi della legge 230/2005 (Moratti) – continua, in questi ultimi anni, ad alimentare la dinamica negativa, aggravata dal reinserimento della doppia idoneità per associato e ordinario: un posto doppia aspettativa.

Per questi motivi e per rendere possibile un’inversione di tendenza per il prossimo futuro è indispensabile tenere sotto stretto controllo l’iter dei concorsi banditi e non è sufficiente passare dalle elezioni al sorteggio delle commissioni
Quando sono previsti cambiamenti il sistema reagisce accelerando le chiamate. Questo è avvenuto in particolare nel 2001 con 8966 immissioni in ruolo e nel 2005 con 7945 immissioni in ruolo. Molte sono nuove immissioni altre progressioni di carriera. «La fabbrica dei docenti» come opportunamente definita da Giavazzi in un recente articolo. Oggi in previsione del blocco del turnover sono nella fase finale procedure per circa 7000 concorsi, una parte di questi prevede il raddoppio con il secondo idoneo, più del 10 % dell’attuale corpo docente, da chiamare nel prossimo anno a tempo indeterminato: in pratica a vita. Un ingresso di massa che, di fatto, provocherebbe un ulteriore irrigidimento della spesa, svincolata dalla qualità.
Oggi abbiamo le norme che ci permettono di avviare un ampio rinnovamento che favorirà i giovani ricercatori assunti con contratto a tempo determinato da stabilizzare solo dopo un’efficace valutazione meritocratica.
Con il provvedimento emanato dal Governo, il Ministro Gelmini ha indicato anche le linee guida che rivedono la governance degli atenei, definiscono nuovi criteri di valutazione e di selezione per l’accreditamento dei corsi con l’obiettivo di fermarne la proliferazione. Bisognerà, dopo il necessario confronto, tradurre tutto ciò in atti normativi e in azioni concrete, per completare un disegno, avviato nel precedente governo Berlusconi, per innovare e modernizzare il sistema dell’alta formazione nel nostro Paese.