20 aprile 2024
Aggiornato 16:30
Ridimensionamento scuole

Ferrero: «Da che pulpito arriva la predica…»

«Su questa riforma la Sinistra sta mettendo in scena una campagna di disinformazione senza precedenti nella storia repubblicana»

«Solo omissioni, bugie e imprecisioni sull’analisi della riforma Gelmini». Questo il commento del consigliere regionale di Forza Italia, Caterina Ferrero di fronte alle continue prese di posizione del mondo politico e sindacale della sinistra.
«Il centrosinistra – afferma l’esponente azzurro – mi pare veramente all’ultima spiaggia. Su questa riforma, infatti, sta mettendo in scena una campagna di disinformazione senza precedenti nella storia repubblicana; probabilmente nella vana e irresponsabile rincorsa a consensi per gli imminenti appuntamenti elettorali».

Numerosi gli elementi di spunto proposti da Ferrero: «A volte mi sembra che chi commenta la riforma non si sia neppure premurato di leggerla. La prima critica che, ad esempio, va mossa alla presidente Bresso è che il decreto non coinvolge le Regioni. La norma individua esclusivamente degli indirizzi, i quali dovranno però poi essere oggetto di norme applicative e regolamenti da parte delle stesse regioni, a seguito di una Conferenza Stato/Regioni. Inoltre, quando si parla dei possibili ridimensionamenti del numero di istituti se questa esigenza è vera, pensando anche al contesto economico che sta vivendo il nostro Paese, il centrosinistra però non può tacere ipocritamente che la riforma Gelmini si limita a richiamare l’applicazione dei dimensionamenti previsti dal Dpr. 223/1998. In quel periodo al governo c’era proprio il centrosinistra. Questa normativa prevedeva, quale standard generale per garantire autonomia agli istituti scolastici, la presenza di un numero di alunni oscillante tra le 500 e le 900 unità. Oggi la Gelmini, con la sua riforma tanto osteggiata dalla sinistra, domanda esclusivamente l’applicazione di quella stessa legge scritta dal Governo D’Alema».

Ferrero aggiunge: «Anzi, la presidente Bresso nell’affanno di blandire la protesta si dimentica che proprio il 25 giugno di quest’anno ha licenziato una delibera con dei criteri di revisione ben più stringenti per l’autonomia degli istituti scolastici. La norma regionale richiede che gli istituti abbiano tra i 600 e i 900 allievi, proprio per garantirsi da eventuali accorpamenti. E l’assessore del comune di Torino che richiama il rispetto del Dpr. 223/1998 non fa altro che rimandare al decreto Gelmini. Quindi da che pulpito arriva la predica… La criticità vera è che, in un momento di crisi generalizzata come quello attuale, nessun amministratore si sia preoccupato fino ad oggi di porre freno al proliferare delle deroghe salva-istituti previste dal Dpr. 223/1998. Tant’è che oggi contiamo più di 700 scuole che godono di tale deroga».

L’esponente azzurro sottolinea anche le inesattezze circa la cancellazione del tempo pieno, la soppressione degli istituti nelle zone rurali e la riproposizione del maestro unico. «Anche su queste tematiche - continua Ferrero – sono state pronunciate numerose inesattezze. E’ vero che si predilige l’insegnamento articolato in 24 ore di servizio, ma questo non toglie che gli istituti, ascoltate le esigenze dei genitori, non sentano l’esigenza di garantire percorsi organizzati anche in 27, 30 e addirittura 40 ore settimanali. Per quanto riguarda la chiusura degli istituti nelle zone rurali, anche qui, c’è chi disinforma solo per terrorizzare i cittadini. Il dispositivo di legge, infatti, prevede espressamente che il ridimensionamento non debba toccare le comunità montane e le piccole isole. In ultima analisi non si può tacere che se il decreto Gelmini prevede il ritorno al maestro unico, la stessa legge prevede, d’altra parte, che siano garantiti insegnati di sostegno per i disabili, e altri per materie richiedenti particolari professionalità quali inglese e religione».

«Anche per quanto riguarda le razionalizzazioni di personale – conclude Ferrero – a fronte di un taglio di 80mila unità, non è altrettanto vero che ad esso consegua la perdita del posto di lavoro. Circa la metà di essa opera nel comparto amministrativo, il decreto in questo caso prevede il riassorbimento in altri settori della pubblica amministrazione. Per l’altra metà, perlopiù insegnanti precari, una parte di essi verrà chiamata a far fronte alle richieste del Provveditorato per garantire il tempo pieno o per coprire eventuali incarichi vacanti. Insomma, un’attenta lettura della norma, è sufficiente per far crollare il castello di carte costruito abilmente da un centrosinistra sempre più in affanno dal lato propositivo e in preda alla più bieca demagogia».