27 agosto 2025
Aggiornato 22:30
industria 4.0

Industria 4.0, così lo studio della robotica ci salverà (si spera)

A livello mondiale il comparto industriale può contare su più di 2,6 milioni di robot, una cifra destinata a crescere esponenzialmente

Industria 4.0, così lo studio della robotica ci salverà (si spera)
Industria 4.0, così lo studio della robotica ci salverà (si spera) Foto: Shutterstock

MILANO - La densità di robot in Europa ha cifre da capogiro: ce ne sono quasi due (1,9) ogni mille lavoratori. Sul podio la Germania che conta tre robot ogni mille lavoratori. A livello mondiale il comparto industriale può contare su più di 2,6 milioni di robot, il doppio degli abitanti di Milano e un po’ meno di quelli di Roma. Una vera e propria flotta, destinata ad aumentare esponenzialmente. La sfida è quella di salvaguardare tutti, lavoratori in primis e la loro occupazione. E, inoltre, non farsi scavalcare completamente dall’avanzata asiatica che, nel 2017, ha superato i 2 milioni di robot realmente operativi nell'area.

Il piano da un miliardo dell’UE
Per fare questo l’UE, ha messo in campo un piano da un miliardo di euro, per la realizzazione di un’infrastruttura europea per i Supercomputer, necessari per elaborare quantità sempre maggiori di dati e apportare benefici in molti settori della società, dalla sanità e dalle energie rinnovabili fino alla sicurezza dei veicoli e a quella informatica. Oggi, sempre più spesso gli scienziati e le industrie europei elaborano i propri dati al di fuori dell'UE, in quanto i tempi di calcolo disponibili nell'UE non soddisfano le loro esigenze. Questa mancanza di indipendenza minaccia la vita privata, la protezione dei dati, i segreti commerciali e la proprietà dei dati, con particolare riguardo alle applicazioni sensibili. Quello che l’UE vuole fare è creare un'infrastruttura di calcolo ad alte prestazioni (HPC) all'avanguardia e sosterrà anche un programma di ricerca e innovazione per sviluppare le tecnologie e le macchine (hardware), nonché le applicazioni (software) destinate ai supercomputer. Lo sforzo è chiesto anche agli Stati membri: se il contributo dell’UE a EuroHPC (così è chiamata l’infrastruttura) è pari a 486 milioni di euro, la restante parte sarà messa dagli appartenenti all’UE, compresi i paesi associati.

A cosa servono i Supercomputer
Grazie all'infrastruttura EuroHPC il settore industriale europeo, in particolare le piccole e medie imprese, potrà accedere più facilmente ai supercomputer per sviluppare prodotti innovativi. L'utilizzo del calcolo ad alte prestazioni ha un impatto crescente su vari settori e sulle aziende, in quanto riduce considerevolmente i cicli di progettazione e di produzione, accelera la progettazione di nuovi materiali, minimizza i costi, aumenta l'efficienza delle risorse, e accorcia e ottimizza i processi decisionali. Ad esempio, i supercomputer permettono di ridurre i cicli di produzione delle automobili da 60 a 24 mesi. Il calcolo ad alte prestazioni è essenziale inoltre per la sicurezza e la difesa nazionali, ad esempio per sviluppare tecnologie di cifratura complesse, per individuare l'origine e rispondere agli attacchi informatici e per dotare la polizia di metodi di indagine scientifica efficienti o per effettuare simulazioni nucleari.

Le competenze
Ma l’infrastruttura dei Supercomputer non è l’unica strada da percorrere. Servono competenze. Nel suo articolo sul Sole24Ore Carlo Calenda ha parlato chiaro riguardo alle competenze, una lacuna che rischia di trascinare l’Italia nel baratro. E non è una novità. Quella da mettere in piedi è una grande riallocazione internazionale del lavoro, alla luce dell’evoluzione tecnologica, laddove «l’occupazione crescerà nei paesi che hanno investito sulle competenze digitali e si ridurrà in quelli che non le hanno acquisite in maniera adeguata ad affrontare la trasformazione del tessuto produttivo».

Da una parte gli Istituti Tecnici Superiori, dall’altra i Competence Center, il cui bando - dopo mesi di ritardo - dovrebbe presto vedere la luce. Per rendere l’Italia più competitiva, secondo Calenda, servono capitali. Nello specifico altri 400 milioni di euro all’anno da destinare agli Istituti Tecnici Superiori con l’obiettivo di raggiungere almeno 100.000 studenti iscritti entro il 2020 (in Italia attualmente gli studenti degli ITS sono circa 9000 contro i quasi 800mila della Germania). Quanto ai Competence Center, dovranno essere rafforzati, sempre che vengano costruiti. Ed è difficile capire quando questo avverrà affettivamente.

Più esperti di robotica
Senza ombra di dubbio, a livello nazionale, la formazione resta il vero punto cruciale e nodo da risolvere. Soprattutto alla luce della sempre più crescente domanda di esperti, in specie di robotica, da parte delle aziende manifatturiere: secondo uno studio di e-work, agenzia per il lavoro fondata nel 2000 e guidata da Paolo Ferrario, le professioni legate all’automazione industriale cresceranno del 10-15% nel 2018. Solo nell’ultimo anno il mercato della robotica è cresciuto del 24% con la conseguenza che c’è bisogno di figure professionali adeguate. Che, peraltro, possono puntare anche a stipendi piuttosto elevati: un ingegnere programmatore di robot per l’industria 4.0, con 5/7 anni di esperienza – secondo i calcoli dell’agenzia – può guadagnare tra i 35 e i 40 mila euro lordi l’anno. Per coprire questo genere di posizioni si richiede specializzazione nel settore, laurea in ingegneria meccatronica, oltre a un’esperienza di almeno cinque anni nella stessa posizione.