Piccola Industria, cosa lascia Alberto Baban e cosa trova Carlo Robiglio
Oggi inizia il madato a Piccola Industria di Carlo Robiglio. Ma com'è lo stato di salute delle nostre piccole e medie imprese

ROMA - Parte oggi, 23 novembre, il mandato di Carlo Robiglio alla presidenza di Piccola Industria di Confindustria. Un mandato difficile il suo perchè avrà l’obiettivo di trasportare le piccole e medie imprese concretamente nell’universo del digitale. Pmi che, come riferisce una recente indagine dell’Eurostat, sono considerate «un motore dell’Unione europea» poiché creano posti di lavoro e contribuiscono alla crescita economica.
Se le piccole medie imprese italiane (fino a 249 dipendenti) sono responsabili del 58,6% delle importazioni intra-UE (a fronte di una media UE del 51%), le microimprese della penisola restano, invece, al palo, con un valore generato dalle loro importazioni ed esportazioni tra i più piccoli nei 28. Parliamo di cifre davvero misere, meno del 10% del valore totale dell’import intracomunitario e appena il 5% dell’export intra-UE. Il problema principale è dovuto, chiaramente, all’approccio più o meno avanzato che le PMI hanno nei confronti del digitale. Digitale di cui, molto spesso, non riescono a calcolare concretamente i benefici. Prendere, per esempio, l’uso dei Big Data all’interno dei nuovi modelli produttivi: solo il 7% delle PMI ne fa uso. Per queste aziende è ancora molto prematuro parlare di Big Data Analytics perché non ne comprendono l’utilità e non sono sufficientemente strutturate. Ovviamente la situazione cambia all’aumentare del numero di addetti: un’azienda su cinque con almeno dieci addetti ha progetti di Analytics in corso e il dato sale al 24% per le imprese con un con più di 50 addetti, segno di un deciso miglioramento anche delle PMI sulla strada che porta a diventare «Big Data Enterprise».
Lui, Carlo Robiglio, presidente della holding di partecipazioni Ebano, nonché vice-presidente de «Il Sole 24 Ore» e ora a capo di Piccola Industria si troverà di fronte a un compito arduo: evangelizzare le PMI a una nuova cultura d’impresa. Una cultura che non fa più solo appoggio sulle forze singole dell’imprenditore, ma lo spinge ad aprire le porte, e a farsi contaminare da nuove competenze. «L’industria 4.0 è l’applicazione di qualcosa che sta a monte e che deve ancora essere costruito, la cultura d’impresa», ci aveva detto Carlo Robiglio.
Un altro pilastro importante in quello che sarà il mandato di Carlo Robiglio è rappresentato dai valori, intesi come territorio ed etica del lavoro. «Le imprese hanno la necessità di restituire al territorio quello che si riceve, in termini di sostenibilità e di valore», aggiunge.
Made in Italy, quindi, e nuove tecnologie. Quella che Alberto Baban lascia è un’Italia fatta di piccole e medie imprese che devono ancora imparare tanto, ma con buoni segnali di crescita. Secondo Cerved la loro redditività è vicina ai livelli pre-crisi con un robusto calo di fallimenti (-29% nei primi mesi del 2017). Crescono anche gli investimenti che, rapportati alle immobilizzazioni materiali, passano dal 6,2% del 2015 al 7,8% del 2016. Si tratta di un dato particolarmente indicativo della solidità della crescita, se consideriamo che si tratta di una propensione diffusa tra le imprese di tutte le dimensioni e in tutti i settori, compresi quelli che in passato avevano mostrato tendenze altalenanti come le costruzioni.