La «dottrina russa» in materia di deterrenza nucleare, le condizioni di risposta
Il suo fine ultimo è quello di mantenere il potenziale delle forze nucleari a un livello sufficiente per esercitare la deterrenza, scongiurando così un possibile attacco nemico contro la Federazione Russa e i suoi alleati

MOSCA - Lo scorso 2 giugno il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto (il decreto 355) intitolato 'Principi base della politica statale della Federazione Russa in materia di deterrenza nucleare'. Nel documento di 6 pagine, in 25 punti, si delineano i nodi cruciali della posizione sulle armi nucleari di Mosca. Il decreto costituisce il primo documento pubblico interamente dedicato alla deterrenza nucleare della Federazione. Le precedenti versioni sono rimaste classificate.
Come dichiarato dal quarto paragrafo del decreto, la politica nucleare russa si configura come difensiva. Il suo fine ultimo è quello di mantenere il potenziale delle forze nucleari a un livello sufficiente per esercitare la deterrenza, scongiurando così un possibile attacco nemico contro la Federazione Russa e i suoi alleati, e garantendo la sovranità e l'integrità territoriale dello Stato.
I principali fattori di rischio
Questo carattere difensivo viene ribadito nel quinto paragrafo, il quale dichiara che la Federazione concepisce il proprio arsenale nucleare esclusivamente come mezzo di deterrenza, prevedendo il suo utilizzo solamente in casi di estrema necessità.
Il decreto continua elencando i principali fattori di rischio militare che Mosca intende neutralizzare tramite l'esercizio della deterrenza nucleare. Tra questi, di rilievo è il dispiegamento da parte di Stati potenzialmente avversari della Federazione Russa di difese antimissile, missili balistici o cruise a corto e medio raggio, armi ipersoniche e ad alta precisione convenzionali, armi a energia diretta e droni d'assalto.
Altro punto interessante è la specifica menzione, tra le minacce identificate dal decreto, del posizionamento nello spazio di sistemi di difesa antimissile o di attacco.
L'ultima parte del decreto è invece dedicata alle condizioni in cui il Cremlino si riserva la possibilità di utilizzare il proprio arsenale atomico. Oltre a eventuali attacchi nucleari nemici, anche un'aggressione con armi convenzionali capace di mettere a repentaglio l'esistenza della Federazione viene considerata come uno scenario in cui Mosca può ricorrere alle proprie forze nucleari.
I presupposti identificati per una risposta nucleare russa sono i seguenti:
«La decisione di utilizzare le armi nucleari è presa dal presidente della Federazione russa» (punto 18), riaffermandone il controllo politico, e «le condizioni che rendono possibile l'impiego di armi nucleari includono:
- la ricezione di informazioni affidabili sul lancio di missili balistici contro il territorio della Federazione russa e (o) dei suoi alleati;
- l'uso da parte di un avversario di armi nucleari o altre armi di distruzione di massa sui territori della Federazione russa e (o) dei suoi alleati;
- azioni avversarie contro apparati statali o militari di importanza critica per la Russia, la cui disabilitazione potrebbe comportare l'impedimento delle azioni di ritorsione con forze nucleari;
- aggressione contro la Federazione russa con armi convenzionali quando l'esistenza stessa dello stato sia posta a rischio» (punto 19).
Utilizzo possibile anche in risposta ad un attacco convenzionale
Uno dei punti cruciali ribaditi è la possibilità che il Cremlino utilizzi il proprio arsenale nucleare in risposta ad un attacco convenzionale. Tale eventualità era prevista anche nella dottrina militare del 2014, ma la scelta di utilizzare determinate parole nel decreto attuale lascia intendere un abbassamento della soglia identificata da Mosca per l'impiego di armi nucleari.
Di fatto, mentre nella dottrina militare del 2014 si prevedeva l'utilizzo di armi atomiche esclusivamente nel caso di un attacco capace di mettere a repentaglio l'esistenza stessa dello Stato, i Principi Base di giugno contemplano l'opzione nucleare anche nell'eventualità in cui la sovranità e l'integrità territoriale della Russia dovessero essere messe in pericolo. Si tratta quindi di criteri meno stringenti, in quanto anche un'aggressione convenzionale 'periferica' potrebbe, almeno teoricamente, innescare una risposta nucleare russa.
Va notato che siamo di fronte a una deterrenza estesa anche agli alleati della Russia, essenzialmente i membri dell'Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO), Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan, cui aderisce anche la Serbia, come osservatore.
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