18 aprile 2024
Aggiornato 15:30
Stati Uniti

Doppio flop elettorale per Donald Trump. Democratici vincono in Virginia e Kentucky

I Repubblicani riescono a tenere il Mississipi. L'Election Day è stato presentato come un test per la popolarità di Trump in vista delle presidenziali del 2020

Il Presidente americano Donald Trump
Il Presidente americano Donald Trump Foto: ANSA

WASHINGTON - Doppio flop elettorale per i candidati Repubblicani appoggiati dal presidente americano Donald Trump. I Democratici, infatti, hanno vinto sia in Virginia che in Kentucky. Nello stato dell'Asinello, dopo 25 anni, i Dem vincono il controllo di entrambe le camere, mentre in Kentucky, dove Trump aveva battuto la Clinton nel 2016 per oltre 30 punti, trionfa il candidato governatore Dem Andy Beshear. Un risultato che preoccupa il presidente Usa. Battuto il candidato del Grand Old Party (Gop) Matt Bevin, sostenuto da Trump. I Repubblicani, invece, mantengono il potere in Mississippi dove viene eletto governatore Tate Reeves. L'Election Day è stato presentato come un test per la popolarità di Trump in vista delle presidenziali del 2020. «Questa vittoria storica dovrà far tremare Donald Trump e tutti i repubblicani», ha dichiarato il presidente dei Democratici Tom Perez.

Trump si congratula per vittoria in Missisipi

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump si congratula per la vittoria del candidato repubblicano, Tate Reeves, nella corsa a governatore nel Mississippi. «Congratulazioni a Tate Reeves per aver vinto come governatore nel grande Stato del Mississippi. Il nostro grande comizio sabato notte ha spostato i numeri da un testa a testa ad una grande vittoria. Grande reazione sotto pressione», ha twittato il presidente. In Kentucky, dove il governatore uscente sostenuto da Trump è stato sconfitto, il presidente Usa, in un altro tweet, ha tenuto a sottolineare le altre numerose vittorie del Grand Old Party nello Stato. «Vinte 5 su 6 elezioni in Kentucky».

I Senatori democratici contro la candidatura di un Kennedy

C'è un Kennedy contro cui si sono schierati quasi tutti i membri democratici del Senato statunitense. Si tratta del deputato Joe Kennedy III, figlio dell'ex deputato Joseph Patrick Kennedy II e nipote di Robert F. Kennedy, che intende sfidare e battere il senatore democratico Ed Markey, che siede in Congresso dal 1976. La candidatura di Kennedy, 39 anni, alle primarie democratiche per un seggio del Massachusetts nel Senato statunitense non piace ai leader del partito in Senato, nemmeno a quelli che sicuramente hanno tratto ispirazione dalla storia del presidente John Fitzgerald Kennedy (fratello del nonno di Joe Kennedy III) quando hanno lanciato la loro carriera politica. O meglio, nessuno ha intenzione di abbandonare Markey, considerato un membro fedele del partito. Il senatore in carica ha il pieno sostegno del leader della minoranza democratica in Senato, Charles Schumer, e di Catherine Cortez Mastro, presidente della commissione per la campagna senatoriale dei democratici.

Kennedy in vantaggio nei sondaggi

Alcuni democratici, scrive The Hill, sono indignati dal fatto che Kennedy stia sprecando delle risorse del partito per una battaglia interna, approfittando del suo cognome; Markey, invece, si è guadagnato l'ammirazione dei suoi colleghi per la sua lunga carriera politica, cominciata alla Camera del Massachusetts. Nella sfida tra il figlio di un lattaio e un membro della dinastia politica più famosa degli Stati Uniti, il partito ha scelto il primo. «Joe Kennedy non sta correndo contro Markey perché sono in contrasto politico [...] e l'unica ragione per cui Kennedy ha la possibilità di correre ed essere un serio rivale è perché il suo cognome è Kennedy"; Kennedy «considera questa candidatura come un passo nel processo verso la presidenza» ha commentato un senatore, rimasto anonimo, a The Hill. Secondo un sondaggio della Suffolk University, Kennedy è in testa alle primarie democratiche del prossimo anno, a cui partecipano ufficialmente, al momento, quattro candidati, con nove punti di vantaggio su Markey; in uno scontro a due con il senatore in carica, è dato in vantaggio di 14 punti.