28 marzo 2024
Aggiornato 10:30
Non è solo 'obsoleta', ma anche 'paradossale'

Il controsenso della Nato: la Russia è il nemico, il «dittatore» Erdogan l'alleato

Non bastavano disastrose avventure belliche controverse sotto il profilo del diritto internazionale; con il referendum turco la Nato raggiunge il suo paradosso. Perché ora come alleato per 'difendere la democrazia' abbiamo anche un «dittatore»

ANKARA - Una delle dichiarazioni d'intenti di Donald Trump che fece più scalpore nel corso della sua campagna elettorale fu quella che riguardava la Nato. Club esclusivo nato ai tempi della Guerra fredda, come alleanza transatlantica che avrebbe dovuto garantire la sicurezza del Vecchio Continente dalla minaccia sovietica, per il tycoon newyorchese quel patto atlantico aveva ormai poco senso di esistere. L'allora candidato repubblicano arrivò a definire la Nato «obsoleta», aggiungendo peraltro  che sarebbe stato necessario rivederne gli equilibri economici, fino ad ora del tutto sbilanciati sugli Stati Uniti. Trump, in pratica, stava dicendo che, se l'Europa continuava a pretendere dall'alleato statunitense protezione in caso di aggressioni esterne, avrebbe dovuto aumentare i propri contributi per tenere in piedi l'alleanza.

A che serve la Nato oggi?
Una volta insediatosi alla Casa Bianca, qualcosa, nella narrazione trumpiana, è cambiato. Qualcosa, potremmo dire, di sostanziale. Non tanto la richiesta agli Stati europei di fare di più; quanto il giudizio espresso sull'Alleanza. Una rapida marcia indietro, insomma, su quella definizione che tanto aveva fatto scandalo: la Nato non è più obsoleta, e l'impegno degli Usa rimarrà intatto. Eppure, le dichiarazioni iniziali di Trump hanno perlomeno sortito l'effetto di mettere una «pulce nell'orecchio» all'opinione pubblica europea. A cosa serve, oggi, la Nato, a quasi trent'anni dalla caduta del muro di Berlino? A cosa serve oggi, quando uno dei suoi membri, la Turchia, da domenica è rapidamente virato verso un regime illiberale e antidemocratico?

Difendere la democrazia con la forza
Volendo ripercorrere la storia di quell'istituzione, non possiamo dire sia costellata di successi. Perché è vero, l'Unione sovietica si è dissolta; ma in anni più recenti le avventure belliche condotte sotto il cappello nobilitante dell'Alleanza Atlantica contrastano de facto con l'obiettivo dichiarato dell'istituzione: difendere la democrazia. Che dire dell'intervento contro la Serbia di Milosevic, se non palesemente contrario, perlomeno controverso sotto il profilo del diritto internazionale? Che dire, in anni più recenti, della missione in Afghanistan e della guerra in Libia? La prima dura da 16 anni e non ha fatto altro che seminare più caos di quanto non ce ne fosse già; la seconda è l'antonomasia stessa del fallimento del concetto di «esportazione della democrazia»: perché, da quando Gheddafi non c'è più, la Libia è uno Stato fallito, senza un governo capace di avere legittimità e rappresentanza, e dove addirittura si commercia in esseri umani.

Un meccanismo controproducente, con un solo egemone
Si consideri per un momento il meccanismo di funzionamento dell'Alleanza atlantica: il fatto che ogni Stato conservi di fatto la propria indipendenza la rende un organismo privo della capacità di esprimere una reale politica estera basata sul consenso. Tutt'altro: fino ad oggi si è dimostrata piuttosto supinamente arresa alla supremazia di Washington. Lo dimostra anche il fatto che le decisioni non devono essere condivise, come nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu, dove ogni membro ha diritto di veto. Nella Nato, ogni membro può prendere un'iniziativa, di cui gli altri membri sono potenzialmente ostaggi. Un esempio lampante è quello della guerra in Libia, quando l'Italia è stata trascinata in un conflitto combattuto per gli interessi di altri.

L'apice del paradosso: l'alleato turco
L'apice del paradosso l'abbiamo raggiunto domenica, con il referendum che ha approvato la riforma superpresidenziale del «sultano» Tayyp Recep Erdogan. Lo stesso che accusa l'Europa di aver indetto una «crociata», ma che vuole tenere un referendum per entrare a farvi parte; lo stesso che, dopo il fallito colpo di stato di luglio, ha imprigionato 45mila persone e licenziato centinaia di migliaia di insegnanti, e che, mentre stiamo scrivendo, trattiene in detenzione il giornalista italiano Gabriele Del Grande, pur non contestandogli alcun reato. Il paradosso è evidente: se il senso dell'esistenza della Nato è la difesa della democrazia occidentale, come si spiega la presenza di una Turchia che ha ormai imboccato la strada della sostituzione di un sistema democratico con uno illiberale e compenetrato di nazionalismo islamista? Nell'ottica Usa, la presenza di Ankara è certamente strategica nei confronti di Russia e Iran. Ma come sarà possibile gestire questa alleanza, fin qui già problematica, e da queste ore praticamente impossibile, nessuno lo spiega.