18 marzo 2025
Aggiornato 08:30
Nel 2050, i musulmani pareggeranno i cristiani nel mondo

L'Islam dominerà il mondo?

Secondo il Pew Research Center, da qui al 2050 i cristiani non saranno più il gruppo religioso più numeroso del mondo: saranno (quasi) raggiunti dai musulmani. Come interpretare questo e altri dati? Dobbiamo attenderci un mondo e un Occidente «dominati» dall'Islam, o addirittura dal terrorismo?

NEW YORK - Nel 1914, venne pubblicato per la prima volta un romanzo dall'immaginifico titolo «L'osteria volante», scritto da Gilbert Keith Chesterton, visionario scrittore e giornalista inglese. Il racconto è ambientato in un'ipotetica Inghilterra futura, dove un imperante Islam si allea con i grandi poteri economici: da qui, la difficile battaglia dei protagonisti contro l'imposizione di norme della legge coranica che, tra le altre cose, mettono fuori legge gli alcolici. Lo scenario descritto da Chersterton assomiglia un po' a quello tracciato oggi da alcuni media e non solo, quando si parla dell'«invasione» dei musulmani in Europa e del fenomeno del terrorismo islamico sempre più diffuso nel mondo. Ma è davvero così oggi, e, soprattutto, sarà così domani? Dobbiamo insomma attenderci un mondo alla Chesterton, dominato dall'Islam e dalla legge coranica o, ancora peggio, distrutto dal terrore?

Nel 2050 i musulmani raggiungeranno i cristiani
Un rapporto del Pew Research Center intitolato «The future of World Religions» può aiutarci a rispondere a queste domande. Innanzitutto, un dato è da rilevare: se nel 2010 i cristiani erano di gran lunga il gruppo religioso più numeroso del mondo, dobbiamo abituarci all'idea che, nel giro di trentacinque anni, non sarà più così. Perché da qui al 2050 la popolazione mondiale crescerà del 35% attestandosi a 9 miliardi e 300 milioni di persone, ma se i cristiani cresceranno nella media (35%), la popolazione musulmana subirà una vera e propria impennata del 73%. Ciò significa che i cristiani resteranno circa il 31% della popolazione mondiale, ma i musulmani passeranno da 1,6 a 2,7 miliardi, cioè dall'attuale 23% al 29%. Questo avverrà perché molti islamici vivono in Paesi in via di sviluppo, dove i tassi di natalità sono molto alti e la mortalità infantile è generalmente in calo, ma è anche dovuto a un altro fattore: l'età media. Un dato del 2010 può aiutarci a comprendere: se in quell'anno solo il 27% della popolazione cristiana aveva meno di 15 anni, ben il 34% dei musulmani afferivano a quella fascia d'età. E la giovinezza della popolazione è un chiaro segnale di come i musulmani siano destinati a crescere più rapidamente di altre fette della popolazione mondiale.

L'Europa sarà dominata dai musulmani?
Un altro fattore considerato dalla ricerca sono le conversioni, che naturalmente accrescono il numero di affiliati a una religione. Per i cristiani, è in arrivo una brutta notizia: perché guadagneranno sì 40 milioni di persone, ma ne perderanno 106 milioni. Saranno invece 3 milioni di persone a convertirsi all'Islam, mentre anche gli atei, complessivamente, diminuiranno. In quanto alle migrazioni, anch'esse contribuiranno a cambiare la distribuzione delle religioni nel mondo. E considerando l'ipotesi che i flussi migratori continueranno almeno come oggi li conosciamo, in Europa i musulmani arriveranno, nel 2050, al 10,2% della popolazione totale, partendo dal 5,9% del 2010. L'Europa, in effetti, è l'unica regione del mondo dove la popolazione è destinata a diminuire, e i cristiani passeranno da tre quarti della popolazione a due terzi. Nonostante ciò, rimarranno il gruppo religioso più numeroso del Vecchio Continente. 

Fatti e percezioni
Che cosa ci dicono questi dati? Un'evidenza esiste: i musulmani aumenteranno nel giro di una trentina d'anni, e arriveranno quasi a pareggiare il numero di cristiani nel mondo. In Europa, poi, potranno arrivare al 10% della popolazione, a fronte di una decrescita dei cristiani. Eppure, chi teme un'invasione islamica in terra occidentale dovrà ricredersi: i musulmani, anche a fronte della continuazione del fenomeno migratorio, in Europa resteranno una minoranza. Ciò è dovuto al fatto che nelle seconde e terze generazioni di immigrati, i tassi di fertilità tendono a crollare, adeguandosi alla media del Paese di residenza. Immaginare uno scenario alla Chesterton, dunque, è ancora decisamente prematuro. Ma la domanda da farsi di fronte a questi dati è che tipo di cristiani e musulmani ci saranno nel 2050. Il radicalismo islamico aumenterà insieme al numero di musulmani? Difficile stabilirlo. Eppure, un dato recente potrà stupirci: perché è più la nostra percezione occidentale ad avallare l'equazione «islam-fanatismo» che dati fondati sulla realtà. Un'altra ricerca del Pew Research Center, infatti, rivela che almeno il 50% della popolazione di 4 Paesi dell'Europa occidentale, degli Stati Uniti e della Russia considera i musulmani violenti, mentre il 58% li definisce «fanatici». Se si parla di «relazione» tra cristiani e musulmani, le percentuali crescono: perché il 62% dei francesi e il 61% dei tedeschi le considera pessime. In realtà, recenti ricerche hanno dimostrato che la stragrande maggioranza dei musulmani nel mondo ha una visione decisamente negativa dell'Isis: le percentuali arrivano al 94% in Giordania e a un virtuale 100% in Libano. In generale, la maggior parte dei musulmani ritiene che il terrorismo e altre forme di violenza contro i civili non siano giustificate, con picchi del 92% in Indonesia e del 91% in Iraq. E in molti casi, i musulmani temono il terrore islamico quanto gli occidentali, come il 68% dei nigeriani e il 67% dei libanesi.

I numeri non sono tutto
E' evidente che i numeri non dicono tutto. Forse, però, possono dirci qualcosa. Questi numeri sembrano rivelarci che in Europa non è in corso alcuna invasione o «sostituzione della razza», ma che il vero problema del Vecchio Continente, semmai, è la sua scarsa crescita demografica, unico trend che può metterne davvero a rischio il futuro. Quanto al numero di musulmani nel mondo, i numeri non possono prevedere se ciò sarà una minaccia o meno. Ma le cifre riferite all'oggi dimostrano quanto spesso sia la nostra percezione, il nostro sguardo, più che evidenze concrete, a dipingere l'altro come «nemico».