19 aprile 2024
Aggiornato 21:30
Ankara chiamata ad agire, tra traffici, critiche e crisi siriana

Il ruolo della Turchia nella complicata emergenza profughi

Quest'anno 844.000 migranti sono arrivati in Grecia dalla Turchia, ha certificato oggi l'Onu. Il Paese anatolico ha registrato nel 2015 il record europeo in termini di numero di rifugiati ospitati e ed è senza precedenti l'impegno richiesto ad Ankara di indirizzare risorse ed energie alle proprie frontiere.

ANKARA - Quest'anno 844.000 migranti sono arrivati in Grecia dalla Turchia, ha certificato oggi l'Onu. Il Paese anatolico ha registrato nel 2015 il record europeo in termini di numero di rifugiati ospitati e ed è senza precedenti l'impegno richiesto ad Ankara di indirizzare risorse ed energie alle proprie frontiere. Con circa 2,2 milioni di profughi siriani sul proprio territorio, il governo turco si trova a dover fronteggiare la situazione dei suoi «ospiti temporanei» venendo al contempo incontro agli impegni presi a livello internazionale. In particolare, dopo l'accordo siglato con l'Unione europea (Ue) - non senza critiche e malumori da parte di alcuni Stati membri Ue - che comporterà per Ankara da parte dell'Ue un contributo monetario di 3 miliardi di euro destinati ai profughi. Il governo turco è chiamato a dimostrare di contrastare da una parte il passaggio irregolare dei profughi in Europa, migliorando possibilmente le loro condizioni di vita; dall'altra deve smantellare la rete dei trafficanti che speculano sulla loro disperazione.

Il confine occidentale e il business dei migranti
Le ultime settimane sono state all'insegna di numerosi arresti, mirati a impedire le partenze. Tuttavia, se il numero delle traversate risulta diminuito nell'ultimo periodo, ciò è dovuto principalmente alle condizioni meteorologiche e non alla paura dei profughi di essere fermati. La costa egea, con le zone di Mugla e Smirne in testa, per la vicinanza delle isole greche, resta il centro più attivo in tal senso. D'estate si contano circa 5mila partenze al giorno, un giro d'affari gestito dai trafficanti che si estende dallo spostamento logistico dei profughi dalle zone interne del Paese alle spiagge di imbarco, fino alla produzione dei gommoni utilizzati nel trasporto, realizzati in officine abusive. Un business molto redditizio (si parla di circa 900 euro a persona per la traversata, cifra che nei mesi invernali si dimezza per la mancanza di «richiesta») e che ha mietuto finora centinaia di vite umane, per l'inadeguatezza dei trasporti che sono inoltre spesso sovraccarichi. Nel 2015, secondo i dati dell'Organizzazione internazionale per la migrazione, sono morti annegati nel Mar Egeo più di 700 persone - a fronte dei 3.695 morti in tutto il Mediterraneo - nel tentativo di raggiungere la costa ellenica. Le forze di sicurezza turche hanno comunicato di aver arrestato negli ultimi mesi 108 trafficanti solo nella zona di Smirne. Ancora ieri, un'operazione realizzata in 5 province - tra cui Istanbul e Hatay - dalla polizia ha portato all'arresto di altri 6 trafficanti.

La denuncia di fermi e abusi verso i profughi
Ma accanto agli scafisti, e più recentemente, sono spesso anche i profughi a finire in manette. Solo ieri sono stati fermati ad Edirne 18 siriani che volevano oltrepassare il confine verso la Grecia. Altri 53 profughi - accompagnati da 2 trafficanti - diretti alla costa sono stati invece fermati ad Aydin. L'ultimo rapporto di Amnesty International sulla questione denuncia che le autorità turche, a partire dallo scorso settembre - in parallelo con i colloqui tra Turchia e Ue per trovare un accordo alla questione dei profughi, abbia fermato centinaia di rifugiati, trasferendoli verso centri di detenzione isolati. Secondo il rapporto, alcuni di loro hanno denunciato violazioni e abusi e di essere stati costretti a ritornare nei Paesi da cui erano fuggiti. «Sono obbligati a firmare un foglio di 'ritorno volontario', anche se la legge dice che non possono essere deportati in Siria», afferma al portale Today's Zaman Senay Ozden, esperta di migrazioni. «Quando vengono detenuti hanno tre opzioni: restare in detenzione, in un campo profughi, oppure firmare il foglio di rimpatrio volontario», aggiunge la studiosa confermando quanto detto nel rapporto. Ozden, come lo stesso rapporto della Amnesty, sottolineano la corresponsabilità dei Paesi occidentali in questa situazione. «Nel 2015 sono stati eretti muri più alti per impedire che i rifugiati raggiungessero Paesi più sicuri», afferma sempre Ozden, «la questione è stata affrontata come una questione importante dal punto di vista della sicurezza, mentre il pumto centrale è quello di accettare un numero maggiore di rifugiati in luoghi sicuri»

Il confine con la Siria
La Turchia si deve però occupare anche dei propri confini orientali. Negli anni passati sia l'Ue che gli Stati Uniti si sono più volte lamentati per la «porosità» della frontiera con la Siria - una linea lunga 910 Km. Il governo turco è stato accusato in particolare di agevolare logisticamente gli opponenti del regime di Bashar al Assad, incluso lo Stato islamico. Le autorità turche hanno rifiutato le accuse, affermando che non è semplice pattugliare l'intera linea di confine e bloccando l'ingresso di numerosi foreign fighters in Turchia. Le autorità hanno anche stilato una lista di oltre 25mila sospettati terroristi ed effettuato numerosi arresti ed espulsioni. Tuttavia Washington ha recentemente invitato Ankara a fare di più, e anche diverse testimonianze apparse sulla stampa hanno evidenziato che i foreign fighters sono ancora in grado di oltrepassare la frontiera. In tutto questo, sono di nuovo i profughi a fare le spese della situazione. Secondo diverse testimonianze e Ong, Ankara ha oramai completamente chiuso la sua frontiera all'ingresso di nuovi rifugiati. E sebbene le autorità neghino che ci sia una politica di non-accettazione di nuovi rifugiati, secondo alcuni testimoni diretti l'accesso alla frontiera risulta reso ormai quasi impossibile. Una situazione che si prospetta preoccupante, alla luce dei bombardamenti - con quelli russi in testa - che continuano a mietere nuove vittime civili.

Prospettive
Se una soluzione «politica» in Siria non sembra a portata di mano, alla Turchia spetta integrare nel frattempo nella propria società gli «ospiti» siriani. E se è necessario che questi vengano messi nella condizione di avere un regolare lavoro, come l'alloggio e il diritto all'istruzione, gli esperti insistono affinchè il Paese riconosca loro lo status di rifugiato, la cui mancanza e la situazione di indefinitezza che ne deriva sono visti come la motivazione principale per cui migliaia di profughi tentano di raggiungere l'Europa.

(Con fonte Askanews)