26 aprile 2024
Aggiornato 06:30
Presidente: tra 5mila e 7mila jihadisti da Russia e Stati Csi

Putin avverte gli alleati: «L'Isis è una minaccia per casa nostra»

Il presidente russo Vladimir Putin, parlando oggi ai suoi omologhi della regione nel summit Csi in Kazakistan, ha evidenziato la minaccia del terrorismo internazionale per i Paesi ex Urss

ASTANA - L'esperienza, i Paesi dell'Asia centrale e del Caucaso, l'hanno già fatta: i jihadisti di ritorno, dopo aver combattuto in scenari di conflitto come l'Afghanistan, destabilizzano. Oggi l'occhio allarmato dei Paesi ex Urss è soprattutto rivolto allo Stato islamico (Isis) e questo spinge i membri della Comunità degli Stati indipendenti (Csi) a guardare con una certa attenzione non sfavorevole all'azione militare intrapresa da Mosca in Medio Oriente, nonostante perplessità iniziali dettate dalla dinamica del conflitto tra sunniti e sciiti nel mondo islamico.

Minaccia terroristica
Il presidente russo Vladimir Putin, parlando oggi ai suoi omologhi della regione nel summit Csi in Kazakistan, ha evidenziato questa minaccia. «Vorrei sottolineare l'importanza della cooperazione nell'opporsi al terrorismo internazionale e nella cornice della Comunità. In base a varie stime, tra 5mila e 7mila persone provenienti dalla Russia e dagli altri Paesi della Csi stanno combattendo per lo Stato islamico», ha detto il leader del Cremlino, secondo quanto riferisce l'agenzia di stampa Interfax. «Noi certamente - ha continuato - non possiamo permettere che l'esperienza che questi stanno accumulando oggi in Siria sia poi usata a casa nostra».

Stime preoccupanti
L'International Crisis Group, dal canto suo, ha recentemente stimato che sono tra 2mila e 4mila i militanti che, dall'Asia centrale, si sono riversati ad arruolarsi nelle file dell'Isis. E Isis, oggi non vuol dire soltanto Siria e Iraq, ma anche Afghanistan. Proprio il centro dell'instabilità regionale, l'incubo quotidiano dei leader secolari e autoritari dei paesi dell'Asia centrale - a partire dal Tagikistan, che condivide oltre mille chilometri di frontiera con l'Afghanistan - è oggi teatro di una spettacolare crescita della presenza del Califfato.

L'allarme dei partner
E' un ragionamento che raccoglie l'attenzione dei partner centro-asiatici. Il presidente kazako Nursultan Nazarbayev, che da sempre schiaccia ogni tentativo di islamismo politico nel suo paese, ha lanciato a sua volta un allarme sull'«intensificazione dei gruppi terroristici, la cui attività sta minando le fondamenta dell'ordine mondiale». E ha invitato a rafforzare l'attività anti-terroristica in ambito Csi. «Il conflitto siriano è forse qualcosa d'intangibile per i Paesi dell'Asia centrale, ma quello che sta accadendo in Afghanistan è una reale preoccupazione per loro», ha segnalato Raffaello Pantucci dell'Royal United Service Institute di Londra all'agenzia di stampa France Presse. «Questo il motivo per il quale hanno bisogno della Russia dalla loro parte».

Allineamento con l'Iran
E questo sta anche rendendo meno importanti le perplessità che alcuni paesi della regione hanno rispetto all'allineamento russo, nello scenario mediorientale, con la principale potenza sciita del mondo islamico: l'Iran. Molti di questi paesi, infatti, sono islamici sunniti, spesso con importanti relazioni con paesi come l'Arabia saudita o la Turchia. L'asse Mosca-Teheran è un rospo che devono inghiottire.

Evoluzione del Daesh
Nell'ultimo mese si sono moltiplicate le attività dell'Isis, soprattutto nella parte orientale del paese Le Nazioni unite hanno parlato di un'«espansione virale del marchio dello Stato islamico» in Afghanistan. E anche il Dipartimento di Stato Usa ha detto di seguire «molto da vicino» l'evoluzione del Daesh (acronimo arabo dello Stato islamico) e che queste valutazioni sarebbero state «integrate nei futuri progetti». Che ieri, in realtà, il presidente Barack Obama ha concretizzato: stop al ritiro programmato delle forze americane, che manterranno un contingente di 5.500 uomini nel Paese invaso nel 2001.

Nodo Afghanistan
A favorire l'avanzata dell'Isis è stata anche la morte del Mullah Omar, il leader dei talebani. La successione alla sua forte guida è laboriosa e molti militanti hanno visto nell'Isis lo sbocco naturale per la loro «jihad». Così le fila del Califfato si sono ingrossate e, secondo la Csto (cioè l'alleanza militare tra Paesi ex Urss incentrata sulla Russia), le forze Isis in Afghanistan contano circa 3mila uomini. Gente addestrata, veterani. «La situazione in Afghanistan è vicina a diventare critica», ha spiegato oggi Putin ai suoi colleghi in Asia centrale. «Terroristi di ogni tipo - ha continuato - stanno conquistando influenza e non nascondono i loro piani di ulteriore espansione». Cioè, ha spiegato il presidente russo, stanno cercando di «penetrare la regione dell'Asia centrale» e, per questo motivo, i governi dei paesi della regione devono «essere pronti a dare una risposta coordinata a questo scenario».

(Con fonte Askanews)