Putin il trasformista
Siamo abituati a vederlo nei panni di Action Man. Ma Vladimir Putin, in occasione del V-Day, si è mostrato più come Ordinary Man, «uomo del popolo». Una nuova strategia in atto già da un po', che coesiste con la precedente, mediandola, non a caso in corrispondenza con la crisi e i guai economici del Paese.
MOSCA – Siamo abituati a vederlo nei panni di Action Man. Che imbracci un fucile da caccia, sia in sella a un cavallo a petto nudo in Siberia, intento in una mossa di judo o in una sessione di pesca, Vladimir Putin riesce a veicolare l’immagine dell’uomo russo eroico, fisicamente prestante, appassionato di sport estremi e di animali selvaggi.
Putin-Macho
Un’immagine accuratamente costruita, al punto che, leggendo del capo del Cremlino dalle pagine della stampa internazionale, non è raro imbattersi in un termine come «macho». Celebri, sono diventati in particolare alcuni episodi della «saga», come quando Putin, nel 2010, arrivò a testare un’auto di Formula 1, o quando, nello stesso anno, nelle artiche terre russe tranquillizzò con nonchalance un orso polare.
Uomo tra la gente
Qualcosa è cambiato, però, lo scorso 9 maggio, data in cui si è celebrato il Giorno della Vittoria russa sul nazifascismo. In quell’occasione, Putin è comparso come uomo in mezzo a migliaia di altri uomini, che, proprio come gli altri, custodiva tra le mani i ritratti dei parenti che combatterono nella Seconda Guerra Mondiale. Quella festa era la festa della gente ordinaria, eroica sì nel difendere il proprio popolo, ma pur sempre «comune». Così, il trasformismo putiniano ha dato il meglio di sé: anche lui, l’Eroe per eccellenza, è riuscito a «confondersi» tra la folla.
Populismo «sincero»
Secondo Stephen Ennis, firma della BBC, si è trattato di un «evento mediatico coreografato attentamente». Dello stesso avviso, il commentatore Tv Vladimir Solovyev, il quale, seguendo in diretta l’evento, ha subito notato l’assenza di rumorosi proclami e pomposa commozione: «E’ un giorno in cui tutti sono uguali», ha osservato. Un vero e proprio colpo da maestro, insomma. Addirittura, lo speaker Aleksey Malashenko ha osservato che non si sarebbe stupito nel vedere il gradimento di Putin nei sondaggi toccare il 100%: perché sì, era populismo, ma un «populismo sincero».
Di umili origini
Non solo per il Giorno della Vittoria. Sembra che la strategia sottesa alla costruzione dell’immagine pubblica di Putin si stia lentamente modificando. In occasione del 15esimo anniversario dell’inizio del suo mandato, il principale canale TV russo ha trasmesso un lungometraggio interamente dedicato al capo del Cremlino, prevalentemente incentrato sulla retorica dell’«uomo del popolo». Il documentario, in effetti, prende le mosse dalle umili origini della famiglia di Putin, e dal suo attaccamento ai suoi genitori, lesinando invece sull’aspetto eroico.
Le due retoriche, sapientemente combinate
Eppure, le immagini dell’«Action Man» e dell’«Ordinary Man» non sono necessariamente in contrasto. Perché l’Eroe russo che non teme gli orsi polari e gli animali selvaggi si sposa a pennello con il «Self-Made Man», colui che si è fatto da solo pur non avendo origini privilegiate e pur rimandendo, in fondo, uomo tra uomini. Lo lascia intendere lo stesso Putin nel documentario: «La relazione con il popolo e il senso di vicinanza ad esso, alla gente comune, è estremamente importante e mi ha fornito un grosso aiuto nel mio lavoro». Una retorica acutamente lanciata in un periodo in cui la Russia è prostrata da innegabili guai economici: tempo in cui, forse, la sola, vecchia immagine di «uomo forte al comando» potrebbe risultare dissonante, se non fastidiosa. A scongiurare il rischio, la sapiente sintesi tra le due immagini e le due retoriche; una sintesi ben rappresentata al termine del lungometraggio, quando Putin, alla domanda su quale rinuncia gli sia più pesata per diventare il leader del Paese, ha risposto: «Una vita normale, una vita di tutti i giorni».
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