1 maggio 2024
Aggiornato 21:30
Società

La Cina punta ad urbanizzare 2 milioni di contadini

Masse di agricoltori vengono trasferiti nelle nuove città appena costruite con il duplice obiettivo di ridurre la povertà e di stimolare l'economia, grazie a un ciclo virtuoso di salari più alti e di consumi in crescita

PECHINO - La Cina prosegue la sua lunga marcia di urbanizzazione forzata, tra rischi e incognite, parametrati su un Paese dalle dimensioni e dalle potenzialità esplosive.

Due milioni di contadini vengono trasferiti nelle nuove città appena costruite con il duplice obiettivo di ridurre la povertà e di stimolare l'economia, grazie a un ciclo virtuoso di salari più alti e di consumi in crescita. L'idea è buona quanto temibile il pericolo. Quello di costruire conchiglie urbane vuote, senza lavoro da offrire e in cui gli ex contadini e gli ex minatori non riescono a inserirsi, creando mega-quartieri gonfi di frustrazione e di disoccupati. Le case sono moderne e accoglienti ma il trapianto non sembra riuscire sempre.

Anche se il presidente Xi Jinping si è impegnato personalmente a favorire l'integrazione. «Il governo ci ha ingannato trasferendoci qui, hanno mentito. E se non ubbidisci agli ordini, mandano subito la polizia», racconta un abitante. Secondo le previsioni, nel 2030 oltre un miliardo di cinesi vivrà in città, 300 milioni più di oggi.

Ma spesso i nuovi arrivati finiscono marginalizzati da una burocrazia che gli nega l'accesso ai servizi pubblici come scuole e sanità mentre contadini e minatori si trovano a fare i conti con una realtà che gli gioca contro.«La casa è bella. Ma se hai una casa per vivere e non puoi mantenerti a che cosa serve?», si chiede un altro ex contadino. I nuovi arrivati mettono l'accento sulle mancate promesse del governo, soprattutto per quanto riguardo impieghi e riqualificazione professionale. Spesso i lavori offerti sono sottopagati. La frustrazione è evidente, la conclusione inevitabile.

«Se il governo non ci da il lavoro che ci aveva garantito, allora preferisco tornare dove stavo e continuare a scavare carbone. Almeno laggiù mi pagavano meglio», conclude.