19 aprile 2024
Aggiornato 23:30
Libia in rivolta

La Nato minaccia Gheddafi. Il rais smentisce «esilio»

Francia e Gran Bretagna accelerano su «no-fly zone». Dalla Lega Araba sarebbe già arrivato il consenso per l'imposizione

TRIPOLI - Mentre gli Stati Uniti e i loro alleati intensificano le pressioni per cercare di scongiurare lo spettro di una lunga guerra civile, e la Nato non esclude un intervento militare su mandato onu o in accordo con la Lega Araba e l'unione Africana, Muammar Gheddafi smentisce di star preparando la sua uscita di scena. Almeno formalmente, nessuna trattativa e nessuno 'scambio': la televisione di stato ha smentito quanto riferito ieri da al Jazeera e da altri due giornali arabi e cioè che il colonnello avrebbe proposto al Consiglio Nazionale ribelle il suo esilio in cambio delle garanzie di immunità per il rais e per la sua famiglia, inviando un proprio negoziatore a Bengasi e ponendo come condizione il trasferimento dei poteri al Parlamento libico.

Sul fronte diplomatico, intanto, Francia e Gran Bretagna hanno premuto sull'acceleratore per preparare una bozza di risoluzione da presentare «entro breve tempo» in Consiglio di Sicurezza, con l'obiettivo di creare una no-fly zone sul paese Nordafricano. «La Nato sta considerando diverse opzioni, compresa la possibilità di operazioni militari» in Libia, ha confermato il presidente americano Barack Obama, che deve far fronte però alle resistenze della Russia. Il presidente, in ogni caso, non vuole fare della Libia un nuovo Iraq e non intende dare l'impressione al mondo intero di volere una guerra 'occidentale' per il petrolio. E infatti, l'inquilino della Casa Bianca starebbe premendo per un coinvolgimento della Lega Araba e dell'Unione africana.

Dalla Lega Araba sarebbe già arrivato il consenso per l'imposizione di una no fly zone. Il suo segretario generale Amr Moussa si è detto favorevole durante un incontro con il ministro degli Esteri francese Alain Juppé. E anche i paesi arabi del Golfo si sono dichiarati favorevoli all'applicazione di una zona di interdizione al volo dell'Onu sulla Libia. «I Paesi del Consiglio per la Cooperazione del Golfo chiedono al Consiglio di Sicurezza dell'Onu di adottare le misure necessarie per proteggere i civili in Libia, ivi compresa la creazione di una zona di interdizione al volo», si legge in un comunicato dell'organizzazione, che comprende Arabia Saudita, Emirati, Kuwait, Qatar, Oman e Bahrein.

Ieri, intanto, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon ha nominato l'ex-ministro degli esteri giordano Abdelilah Al-Khatib suo inviato speciale per la Libia ed è arrivata a Tripoli la prima missione Ue, guidata dall'italiano Agostino Miozzo, ufficialmente per verificare la situazione dei cittadini dell'Unione. Anche l'inviato speciale del ministro degli Esteri, Margherita Boniver, nel quadro della missione al campo profughi di Shousha allestito al confine tra Tunisia e Libia, avrà una serie di incontri bilaterali con le principali istituzioni internazionali e governative coinvolte. La settimana prossima dovrebbe arrivare una delegazione dell'Alba, il gruppo di paesi che fanno capo a Hugo Chavez, per vedere se la proposta del presidente venezuelano di formare una commissione internazionale di mediazione (forse guidata dall'ex presidente brasiliano Lula da Silva) ha qualche chance o se è velleitarismo puro.

Sul terreno, la giornata di ieri non ha fatto registrare svolte: le forze ribelli hanno perso il controllo di Ben Jawad ma resistono a Misurata e Zawiyah, nonostante i rinnovati attacchi delle truppe governative; Ras Lanuf è stata colpita da un raid aereo che avrebbe causato diverse vittime civili.