19 aprile 2024
Aggiornato 09:00
Sudan

Darfur, finalmente liberi i 4 operatori di Medici senza frontiere

Farnesina non commenta ipotesi ritorsione per caso El Bashir

KHARTOUM - I quattro volontari di Medici senza frontiere rapiti mercoledì notte in Darfur, tra cui l'italiano Mauro D'Ascanio, sono stati liberati ieri in un'area remota della regione sudanese a circa 300 chilometri da El Fasher. La notizia di una felice conclusione del sequestro è stata comunicata da fonti del governo sudanese e, dopo una lunga e cauta attesa, anche dalla Farnesina, che ha confermato che nessun riscatto è stato pagato.

Tutti gli ostaggi «sono in buone condizioni di salute» e, dopo avere raggiunto El Fasher, saranno trasferiti a Khartoum. Resta il dubbio sui motivi del sequestro poiché le autorità sudanesi hanno voluto esplicitamente collegarlo a un atto di ritorsione 'patriottico' dopo il mandato di cattura internazionale spiccato contro il presidente sudanese Omar al Bashir. Venerdì sera sempre da fonte sudanese, si era già diffusa la notizia della liberazione dei quattro ostaggi, in un primo momento confermata e poi smentita da Msf e dalle autorità italiane. Il rilascio, in realtà, è avvenuto quasi 24 ore dopo, ma Medici senza Frontiere e Farnesina oggi hanno atteso di stabilire un contatto diretto con gli ex ostaggi per annunciare l'effettiva conclusione del sequestro. A comunicare per primo il rilascio degli ostaggi è stato Ali Yousif, responsabile del protocollo del ministero sudanese degli Affari Esteri. «Sono stati liberati, lo confermo. Sono tutti in buona salute», ha detto precisando che «in serata saranno trasferiti a Khartoum».

La televisione sudanese ha mostrato le immagini del loro arrivo a El Fasher, a bordo di un elicottero. In città sorge la base della missione Onu-Ua nella regione. E una portavoce dei peacekeepers internazionali, Josephine Guerraro, ha potuto confermare con un sms che i quattro ostaggi erano «in buona salute». E' stato poi uno degli stessi ex ostaggi, il francese Raphael Meunier, a spiegare: «Voglio dire a tutti che stiamo bene, siamo tornati e siamo in buona salute. Più tardi potremo parlare con calma, adesso i nostri pensieri vanno alle famiglie». Da parte sua la Farnesina ha spiegato che l'ambasciata italiana a Khartoum ha potuto stabilire un contatto con D'Ascanio.

Secondo la Farnesina non è stato pagato alcun riscatto, come ha dichiarato anche il governatore del Darfur Osman Kebir. Per Kebir però, il sequestro del medico italiano Mauro D'Ascanio, del francese Raphael Meonier, della canadese Laura Archer e del loro collega sudanese Sharif Mohamadin sarebbe stato la ritorsione di un gruppetto al mandato di cattura spiccato dal tribunale penale internazionale dell'Aia contro il presidente sudanese, Omar al Bashir. «E' stata una reazione alla decisione del Tpi» ha detto Osman Kebir. I sequestratori, ha aggiunto, credevano «di agire per il bene del paese» ma, ha aggiunto, hanno fatto più male che bene; alla fine il rilascio sarebbe avvenuto senza condizioni. Da parte sua la Farnesina non ha voluto commentare l'interpretazione fornita da Osman Kebir sulle ragioni alla base del sequestro. Resta ora aperta la questione del coinvolgimento di Medici senza Frontiere e di altre organizzazioni in Darfur, dove centinaia di migliaia di profughi vivono grazie all'assistenza umanitaria.

Dopo il mandato di cattura spiccato dal Tpi, Khartoum ha espulso 13 ong dalla regione sudorientale. Msf da parte sua ha lasciato solo 2 persone in loco ritirando tutti gli operatori dopo il sequestro. «Siamo estremamente sollevati del fatto che i nostri colleghi stiano bene e in buone condizioni», ha dichiarato Christopher Stokes, direttore generale di MSF Belgio. Ma «il rapimento di operatori umanitari mette in pericolo l'assistenza umanitaria rivolta alle popolazioni in pericolo. Il nostro lavoro medico indipendente deve essere rispettato se vogliamo continuare a lavorare in zone di conflitto per salvare le vite ci coloro che soffrono di più», ha commentato Stokes, precisando che MSF non può ancora prevedere in che modo potrà continuare le attività di assistenza medica in Darfur.