Ruffini: «Cancellare vecchie cartelle esattoriali per un fisco più semplice»
Lo ha suggerito di nuovo il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Ruffini, nell’audizione alle commissioni Finanze e Bilancio di Camera e Senato per un ciclo di riunioni legate alla riforma del fisco
Dopo le sospensioni che ci sono state nel 2020, nel 2021 l'attività dell'Agenzia di riscossione e dell'Agenzia delle Entrate dovranno smaltire circa 50 milioni di atti. E' quanto ha ricordato il direttore generale dell'Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, il quale ha sottolineato che se dovessero arrivare novità «di una rottamazione, pace fiscale o definizione, mi preme dire una cosa: tutte queste disposizione presuppongono che il cittadino sia a conoscenza del debito a cui è chiamato ad adempiere. Qualunque introduzione non può prescindere dall'invio di questi atti. Soluzioni alternative dipendono dal Parlamento».
«Dal primo gennaio le due agenzie - ha detto Ruffini - sono legittimate a riprendere l'attività e questo comporta che nel 2021 tutta l'attività sospesa nel 2020 dovrà essere svolta oltre a quella di competenza del 2021 per un «accumularsi in prospettiva di circa 50 milioni di atti, 34 milioni di riscossioni e 16 milioni di atti di entrate che verranno notificate».
«L'unica cosa che possono fare le due agenzie è quella di diluirli nel tempo, tra gennaio e dicembre, ma in assenza di una specifica norma non può essere fatto altrimenti», ha puntualizzato.
«Flat tax se per tutti redditi e con copertura certa»
Una flat tax «potrebbe essere una soluzione di estrema trasparenza e semplicità se abbracciasse tutti i redditi su una base imponibile il più possibile ampia e riconducesse gran parte delle deduzioni, detrazioni, crediti e bonus a un solo minimo esente; essa, inoltre, risolverebbe il problema dei redditi d'impresa e societari, se l'aliquota fosse fissata allo stesso livello dell'Ires». Così il direttore generale dell'Agenzia delle Entrate ha fatto notare come la sua adozione in forma parziale, come quella già avvenuta con il regime forfetario finisca «con il segmentare ancora di più» l'Irpef.
Il legislatore, nell'ipotizzare la flat tax, dovrebbe avere come «principale preoccupazione» il fatto che «all'abbassarsi dell'aliquota si ridurrebbe la progressività dell'imposta, si attenuerebbe la funzione redistributiva e aumenterebbe il costo della riforma». Sul costo, in particolare, «sarebbe opportuno che una scelta come la flat tax avesse una copertura altrettanto decisa e certa; in particolare, si dovrebbe verificare se vi sono evidenze solide, concordanti e incontrovertibili che tale tipo di prelievo consenta recuperi di gettito derivanti da maggiore compliance o da un accentuato tasso di crescita».
Quanto alla «progressività - fermo restando che ogni flat tax con un minimo esente o con un sistema di detrazioni può definirsi progressiva - si dovrebbe tener presente che, stanti le disposizioni costituzionali, tale caratteristica non deve soltanto sussistere in termini semplicemente qualitativi, ma deve anche avere anche un suo quantum di dimensioni tali da improntare di sé tutto il sistema tributario», ha concluso.
«Obiettivi riforma meno aliquote e più investimenti»
«A più di cinquant'anni dall'inizio del dibattito che ha condotto all'introduzione dell'Irpef e a cinquant'anni esatti dalla legge delega di riforma del 1971, negli ultimi mesi, con sempre maggior frequenza, si sono susseguiti dibattiti intorno a varie ipotesi di riforma dell'Irpef, prevalentemente orientate al perseguimento dei seguenti obiettivi: la semplificazione del quadro normativo di riferimento; la trasparenza nel calcolo dell'aliquota effettiva, in modo che sia facilmente conoscibile dal singolo cittadino; la riduzione delle aliquote medie per i redditi medi e medio-bassi; l'allargamento della base imponibile; l'incentivo agli investimenti; l'introduzione di una riforma con un ridotto onere per il bilancio dello Stato».
Ruffini ha fatto notare che questi obiettivi sono perseguibili con diversi strumenti, «talvolta fra loro alternativi» e che la scelta spetta al legislatore. Ma se sugli obiettivi, ha proseguito, «vi è una convergenza di massima», è sugli strumenti utilizzabili che «si registrano posizioni articolate, che potranno essere dibattute in sede parlamentare nella necessaria ricerca di una riforma il più possibile condivisa».
«Ineludibile razionalizzare tax expenditures»
«La revisione delle spese fiscali costituisce uno dei passaggi ineludibili di ogni riforma fiscale. È essenziale che le forme di tax expenditures siano razionalizzate per concentrare le risorse sugli strumenti non solo più efficaci, ma anche di un'efficacia passibile di valutazione ex post» per «dimostrare 'il soddisfacente conseguimento dei pertinenti target intermedi e finali'».
«Tali tax expenditures rappresentano una criticità presente nel nostro sistema praticamente da sempre. Nel 1949 Vanoni - intervenendo alla Camera dei Deputati - stigmatizzò l'incessante dilagare delle agevolazioni fiscali, rilevando la sensazione che 'una esenzione, in questo nostro beato paese, [?] non si rifiuti a nessuno'», ha sottolineato Ruffini.
Oggi, ha proseguito, «con riferimento alla sola Irpef, sono state censite quasi 150 'spese fiscali', alcune delle quali hanno frequenze e importi molto bassi e di conseguenza un impatto numericamente modesto. Molte agevolazioni, per la fruizione del beneficio spettante, comportano numerosi e complicati requisiti che, da un lato, risultano poco comprensibili per il cittadino e, dall'altro, rendono difficoltoso l'inserimento dei dati nella dichiarazione dei redditi precompilata».
«Stato incassa da Irpef circa 194 miliardi»
«In base alle statistiche elaborate dal Dipartimento delle finanze sulle dichiarazioni dei redditi presentate dalle persone fisiche per l'anno d'imposta 2018, i contribuenti Irpef sono circa 41,4 milioni e il reddito complessivo totale dichiarato ammonta a circa 880 miliardi di euro, per un'Irpef incassata dallo Stato pari a circa 194 miliardi di euro, a fronte di incassi complessivi per il bilancio dello Stato di circa 482 miliardi di euro (sempre con riferimento al 2018)».
«Non ipotizzabile controlli su tutte le Partite IVA»
«Non è ipotizzabile un controllo su tutte le partite Iva». Motivo per il quale il «legislatore» ha puntato su norme che inducano i contribuenti alla «compliance». Per Ruffini, l'eventuale obiettivo di controllare tutte le partite Iva sarebbe una «partita totalmente persa in partenza».
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