19 aprile 2024
Aggiornato 14:30
Finanza

«Bankitalia è pubblica. L'oro è suo e il governo non può usarlo»

Il governatore Ignazio Visco ha scelto il Board Forum organizzato a Milano da Spencer Stuart per mettere in chiaro due questioni che da settimane vedono via Nazionale al centro di un tiro incrociato

Il Governatore di Banca d'Italia, Ignazio Visco
Il Governatore di Banca d'Italia, Ignazio Visco Foto: ANSA

ROMA - La Banca d'Italia «è pubblica». I suoi dipendenti «svolgono un pubblico servizio». E lo fanno dando «il massimo per la comunità, per il nostro Paese». E' una difesa senza tentennamenti quella del governatore Ignazio Visco, incalzato durante lo Spencer Stuart Board Forum a Milano da alcune domande sulle recenti polemiche giunte da ambienti politici sull'istituzione.

L'oro è di Bankitalia

Altrettanto netta è la chiusura a qualunque ipotesi di uso distorto delle riserve auree. L'oro fa parte dei diversi attivi dell'istituzione, come le riserve valutarie, peraltro non è il più rilevante visto che conta per meno del 10 per cento sul totale. «Una piccola componente che come nessuna delle attività della Banca d'Italia può essere usata per il finanziamento monetario del Tesoro», ha chiarito.

Per il resto l'intervento del governatore, così come le sue risposte al dibattito, sono state occasione per ribadire la visione dell'istituzione sui nodi di fondo del Paese. Partendo da un quadro del sistema bancario che senza negare i problemi mette però in rilievo la lunga strada compiuta. E' vero che in Italia ci sono state delle crisi bancarie, con ricadute anche sul risparmio, ma con effetti «largamente inferiori rispetto a altri Paesi, come Germania, Olanda e Regno Unito», ha detto Visco.

La gestione delle crisi bancarie

«Quello che abbiamo visto è che in una economia con una caduta del 9 per cento in 6-7 anni il sistema bancario italiano ha retto. Non ho mai detto che sia il più solido d'Europa, ma è un sistema che nel suo complesso ha mostrato di reggere. Adesso - ha detto ancora Visco - la sfida è avanti». Al di là dei casi di «mala gestione», puntualmente individuati dalla Banca d'Italia, oggi la difficoltà «non è la Vigilanza, ma la gestione delle crisi che è diventata quasi impossibile» con le nuove regole Ue.

Visco, che parlava accanto al ministro dell'Economia Giovanni Tria, è anche tornato sulle polemiche riguardo al bail-in e alla mancata capacità dell'Italia di evitare che a livello europeo venissero adottato norme poi palesemente inadeguate alla prova dei fatti. Ha volutio inquadrare la questione nella prospettiva dei processi decisionali che disegneranno il futuro dell'Ue.

«Bisogna portare avanti delle policies sia a livello di Banca centrale, sia a livello di governo. E se un governo dura 11 mesi c'è un problema - ha avvertito -. Se in 5 anni ci sono 5 diversi ministri dell'Economia c'è un problema. Dobbiamo aggiustare, adeguare la nostra governance, ovviamente dobbiamo porci in modo credibile nei confronti del sistema europeo».

Problema numero uno: la bassa crescita

Passando alla situazione più generale, il problema numero uno dell'Italia è la bassa crescita. «La crescita è fondamentale: se i tassi di interesse nel mondo sono sotto i tassi di crescita, da noi sono sopra i tassi di crescita: c'è un problema. Quindi bisogna invertire questo ordine, con una serie di interventi di politica economica - ha detto ancora Visco - e di politica tout court».

«Gli anni che abbiamo davanti non sono così facili anche perché la dotazione di infrastrutture e la capacità di cambiamento ci hanno penalizzato per molti anni, noi come Paese e come sistema di imprese siamo entrati in ritardo nei processi di cambiamento e adeguamento», ha spiegato il governatore. «Il ritardo ha causato un abbassamento della capacità di crescita totale della produttività e non c'è stato lo sforzo innovativo per cogliere il progresso», ha aggiunto.

Spesso viene sollevato il problema dei fondi insufficienti in Italia dedicati a ricerca e sviluppo. E proprio su questo Visco ha sollevato il problema dell'insufficiente contributo del settore privato. «A me pare che la ricerca nel settore pubblico vada migliorata, ma le risorse impiegate non sono molto diverse da altri paesi Ue. Ciò che è veramente molto indietro è la ricerca nelle imprese private ed è lì - ha concluso - che bisogna chiedersi il perché».