«No allo scambio più Iva per meno cuneo fiscale»
A sostenerlo la Cgia di Mestre che commenta le parole del Ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che in un'intervista non aveva escluso l'ipotesi: «Questa operazione, infatti, non sarebbe a somma zero».

MESTRE - «No all'aumento dell'Iva in cambio della riduzione del cuneo fiscale. Questa operazione, infatti, non sarebbe a somma zero. Se a seguito di un'eventuale riduzione del costo del lavoro i vantaggi economici ricadrebbero su imprese e/o lavoratori dipendenti, il rincaro dell'Iva, invece, lo pagherebbero tutti. In particolar modo i più deboli, come i disoccupati, gli inattivi e i pensionati che, invece, dal taglio delle tasse sul lavoro non beneficerebbero, almeno direttamente, di alcun vantaggio». A sostenerlo la Cgia di Mestre.
Una ipotesi, quella dello scambio «più Iva meno cuneo fiscale», di cui ha parlato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, in un'intervista il giorno di Pasqua definendola «un'opzione sostenuta da buone ragioni».
«Vista la situazione dei nostri conti pubblici - afferma invece la Cgia di Mestre - non è da escludere che dei 19,5 miliardi» necessari per stoppare le clausole di salvaguardia che farebbero altrimenti scattare gli aumenti Iva «l'esecutivo sia in grado di sterilizzarne solo una parte».
Già oggi, segnala la Cgia, siamo tra i principali paesi dell'area euro ad avere l'aliquota ordinaria Iva più elevata. Se da noi è al 22 per cento, in Spagna è al 21, in Francia al 20 e in Germania al 19. E ad essere penalizzati di più sarebbero «in termini assoluti i percettori di redditi più elevati» ma «calcolando l'incidenza percentuale dell'aumento dell'Iva sulla retribuzione netta di un capo famiglia l'aggravio più pesante interesserebbe i percettori di redditi bassi e, a parità di reddito, le famiglie più numerose».
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