3 maggio 2024
Aggiornato 02:30
Nazionalizzazioni e regalie di Stato: da Comit a Telecom

Mps farà la fine di Comit, emblema del disfacimento del sistema bancario nazionale?

La nazionalizzazione della banca senese potrebbe portare alla creazione di un istituto del credito pubblico. Oppure, ipotesi più probabile, si sta preparando l'ennesimo regalo per gli investitori privati

ROMA - La massa monetaria investita nel salvataggio del settore bancario europeo è pari a ottocento miliardi di euro, ovvero il 7% del Pil dell’intero continente. Appare quindi come una goccia nel mare la «nazionalizzazione» di Monte Paschi Siena, che prevede l’esborso di due miliardi di euro. L’intera somma che il governo ha destinato al settore bancario, pari a venti miliardi di euro, rappresenta meno del 5% di quanto speso fino ad ora in Irlanda, Grecia, Germania, Portogallo, Spagna e Francia. Il rapporto debito/Pil in virtù di questa creazione di debito pubblico dal nulla è aumentato di un terzo, passando, nell’eurozona, dal 60% al 92%. I salvataggi bancari quindi non sono una prerogativa italiana, anche perché il meccanismo finanziario alla base dell’immensa insolvenza è globale: nel fanatico tentativo di sostituire l’industria con la finanza che si autoriproduce, si è creata uan gigantesca bolla che interessa buona parte del settore creditizio mondiale. Bolla che non è stata sgonfiata nei recenti anni di crisi.

Da Comit a Monte Paschi
Quanto accade oggi non è dissimile da ciò che avvenne nei primi anni trenta del Novecento, quando la crisi del credito portò alla nazionalizzazione di diversi istituti bancari italiani: Banca popolare di Novara, Credito Italiano e Comit, quest'ultima dopo una cocciuta lotta da parte del banchiere Josef Toeplitz, che tentò di resistere con le proprie forze alla crisi, uscendone travolto. Le tre banche nazionalizzate durante il fascismo sono poi state il motore delle ripresa economica italiana al termine del conflitto.

Il caso Comit: emblema del disfacimento del sistema bancario nazionale
Ma è la vicenda della Comit a risultare particolarmente interessante, perché rappresenta il disfacimento del sistema bancario nazionale di cui oggi si pagano amaramente le conseguenze. Nazionalizzata nel 1934, la Comit è stata la principale banca dello Stato, e grazie alla sua capacità di credito uno dei motori della industrializzazione italiana. Nel 1946 da una costola della Comit nacque Mediobanca, creata per il finanziamento a medio e lungo termine alle imprese, e guidata da Enrico Cuccia, già direttore centrale in Comit. Mediobanca è sempre stata conosciuta con la proverbiale locuzione «la padrona dei padroni». Il progressivo smembramento del settore pubblico e la privatizzazione del credito, portano Comit sul mercato nel 1994: curatore dell’operazione fu Lehman Brothers. Caduta in disgrazia, sempre più debole, nel 2001 viene inglobata da Intesa Sanpaolo: scompare così la principale banca dell'Italia industriale, sulle cui spalle è stata appoggiato lo sviluppo del paese.

La fine di Comit è dovuta alla sua sgangherata privatizzazione
E’ fin troppo semplice notare che la fine della Comit, almeno per come la si era conosciuta era dal 1936, è dovuta alla sua sgangherata privatizzazione: un patrimonio pubblico, costruito con i sacrifici degli italiani per decenni, finito nelle mani di pochi e a poco prezzo. Oggi sta accadendo quanto avvenne nel 1934. Non c’è Mussolini, c’è un governo democratico che ha deciso di diventare proprietario  di una banca di sistema. Una banca rossa, che per anni ha creato sviluppo e ricchezza, ma fagocitata da un gestione clientelare sul territorio e avventata sul business. Come tante altre banche Monte Paschi Siena paga i titoli tossici che ha tentato di vendere, o ha venduto, ricavandone solo buchi. Sia detto chiaramente: tra Mps e Deutsche Bank non c'è differenza. Il settore della finanza, privato del suo naturale sbocco, l’industria, sta subendo questa catastrofe da anni.

Mps nazionalizzata per poi essere nuovamente privatizzata
Oggi Mps viene «nazionalizzata»: parola desueta, che ricorda sistemi ideologici passati, che mettevano al centro dell'economia il controllo da parte dello Stato della moneta e della finanza. Un passo che dal governo si affrettano a definire temporaneo, facendo intendere che il Ministero del Tesoro non vuole essere proprietario della banca, anche perché non può. Il meccanismo con cui lo Stato copre i proprietari di obbligazioni subordinate fa già intravedere la strada della successiva "cessione" di quelle azioni sul mercato. Per evitare gli strali della Bce, del Fmi, della Commissione Europea, dell’Osce e di tutti gli altri poteri sovranazionali, il primo ministro Paolo Gentiloni fa quindi capire che appena Monte Paschi Siena si sarà ripresa verrà nuovamente privatizzata. E stessa cosa accadrà per gli altri istituti di credito «minori» che verranno aiutati. Rimane invece innescata la mina vagante di Unicredit, che deve affrontare un aumento di capitale pari a 13 miliardi di euro. Mistero: se ne parlerà nei prossimi mesi, sperando che qualcuno si faccia avanti, ma in ogni caso un ombrello pubblico sarebbe aperto.

Cogliere l’occasione per creare una banca pubblica
Partendo dall’ingloriosa fine di Comit, scomparsa nella pancia di Intesa SanPoalo, si possono fare alcune considerazioni. Il denaro con cui viene salvata Mps, giustamente, è pubblico: si tratta di debito pubblico che dovrà essere ripianato in virtù della modifica costituzionale conosciuta come fiscal compact. Il governo è riuscito a evitare l’arrivo dei funzionari del "Fondo salva Stati", che di fatto avrebbero aperto le borse del credito in cambio del commissariamento del paese. Ma Monte Paschi Siena non deve essere salvata per poi essere regalata sul mercato: il suo ruolo potrebbe essere, in piccolo ovviamente, quello che fu di Comit: una banca pubblica volta a sostenere gli investimenti dello Stato. Non la spesa corrente, bensì opere dall’alto fattore moltiplicativo. Piccole opere diffuse sul territorio, ad alto contenuto di lavoro. Se invece ci troveremo di fronte all’ennesima regalia, vedi alla voce Telecom e Alitalia, del settore pubblico a quello privato, il salvataggio della banca più antica del mondo può essere evitato.