19 aprile 2024
Aggiornato 18:00
Segnali di ripresa

Federlazio: le prime conferme per l'economia del Lazio

Il «sentimento» generale dimostra un atteggiamento delle imprese sempre più propenso a guardare in avanti, verso il superamento di questa congiuntura e con una immutata fiducia che il sistema economico si possa rianimare

ROMA - Segnali di ripresa per l'economia del Lazio. E' La Federlazio ad indicare questa tendenza positiva nella consueta indagine congiunturale sullo stato di salute delle piccole e medie imprese del Lazio, effettuata su un campione di 350 imprese associate nel semestre luglio-dicembre 2015. L'indagine, presentata oggi presso la sede dell'Associazione dal Presidente della Federlazio Silvio Rossignoli e dal Direttore Generale Luciano Mocci, parla chiaro: abbandonando le cautele finora adottate - dice Federlazio - possiamo affermare che le risultanze della nostra indagine sulle Pmi del Lazio relativa al 2° semestre 2015 rinforzano i segnali positivi già affiorati nel semestre precedente.

Migiora saldo su andamento ordinativi
Il «sentimento» generale dimostra un atteggiamento delle imprese sempre più propenso a guardare in avanti, verso il superamento di questa congiuntura e con una immutata fiducia che il sistema economico si possa rianimare. Nel corso del secondo semestre 2015 il saldo di opinioni sull'andamento degli ordinativi ricevuti dal mercato nazionale migliora di 19 punti rispetto al precedente semestre, passando da -13 a +6. Stesso discorso per gli ordini ricevuti dal mercato UE che migliora di 16 punti (da -10 a +6) e per quelli dal mercato Extra-UE: il saldo aumenta di 3 punti (da +15 a +18). Per quanto riguarda il fatturato, nel II semestre 2015 il saldo di opinioni recupera 9 punti ed assume segno positivo (da -6 a +3).

Bene il mercato europeo
Stesso andamento per il mercato UE che aumenta di 21 punti (da -16 a +5), mentre è più lieve l'aumento per quello Extra-UE che passa da +17 a +18. Dopo due semestri, torna positivo il saldo di opinioni sull'andamento della produzione che, passando da -13 a +2, recupera 15 punti ed assume segno positivo. Il 29,3% delle imprese ha dichiarato di aver effettuato investimenti nel II semestre 2015, percentuale in crescita rispetto al semestre precedente (28%). La percentuale di imprese che ha aumentato l'occupazione è invece rallentata al 18,3%. Attenuandosi anche la percentuale delle imprese che ha dichiarato di aver ridotto gli organici (dal 19,1% al 14,3%), il saldo migliora passando da un valore nullo ad un valore positivo (+4). Un saldo che, negli ultimi tre semestri, presenta un andamento crescente: da -7 a +4.

I prossimi sei mesi
L'indagine ha rilevato anche le previsioni a breve sui prossimi sei mesi dalle quali emerge che, per quanto concerne gli ordinativi, i saldi di opinione mostrano una generale attenuazione. Sul mercato nazionale il saldo, pur sempre positivo, scende a +10 dal precedente +13. Mercato UE: da +26 a +20 (diminuisce di 6 punti). Mercato Extra-UE: da +27 a +16, perdendo così ben 11 punti. Riguardo le previsioni sull'occupazione per il I semestre 2016, il saldo atteso perde 5 punti e diventa negativo, passando da +3 a -2. Aumenta invece la percentuale di imprese che ha manifestato l'intenzione di fare investimenti nella prima parte del 2016, ora pari al 37,9% rispetto al precedente 33,9%. 
 Tra le principali problematiche segnalate dagli imprenditori al primo posto c'è sempre il «ritardo dei pagamenti da parte dei privati», indicato nel 28% dei casi, in crescita rispetto al precedente 27,7%. Continua a ridursi l'importanza attribuita alla «insufficienza della domanda» con il 25,8% dei casi (era il 27,2%). Segue il «ritardo dei pagamenti della PA», in aumento rispetto al semestre scorso (dal 16,0% al 17,8), il problema della «impossibilità di partecipare agli appalti» (in diminuzione: da 9,7% a 8,4%). In flessione anche la percentuale di chi ha indicato la «mancata concessione del credito bancario» (dal 6,8% al 5,3% attuale). In sintesi, il problema principale segnalato dalle imprese è dunque correlato al pagamento dei propri clienti, pubblici o privati, e dalla mancata concessione/erogazione di credito bancario (complessivamente siamo al 51,1%) più che dalla scarsità della domanda che incide per circa un quarto dei casi segnalati (25,8%). Riguardo invece un giudizio su come stia evolvendo la crisi, dalle risposte emerge un atteggiamento ancor più propenso all'ottimismo rispetto al semestre scorso. Difatti, la percentuale delle imprese che hanno dichiarato che «al momento non si intravede alcuna via di uscita» è diminuita al 31,2% dal precedente 41,5%, come è altresì diminuita la percentuale di coloro che hanno affermato che «il peggio deve ancora venire» (dal 5,9% al 2,4%). In aumento invece la percentuale di imprese tendenzialmente più ottimiste per le quali «si incomincia ad intravedere una luce in fondo al tunnel» (dal 52,5% al 66,4%).

Ridotto numero imprese a rischio
La percentuale di imprese che ritengono di correre seri rischi di chiusura entro i prossimi sei mesi si è notevolmente ridotta (14,7% contro il 4,1% di oggi), parimenti quelle che hanno risposto negativamente sono passate dall'85,6% al 95,9%. Riguardo quali azioni le imprese intendano porre in essere al proprio interno per contrastare la crisi, al primo posto le imprese anche questo semestre hanno indicato il «taglio dei costi di gestione», con una percentuale che aumenta dal 24,6% al 26,6%. Stesso andamento per la «creazione di nuovi prodotti e servizi» (dal 19,0% al 21,8%). Stabile il «miglioramento della qualità del prodotto/servizio» (da 18,5% a 18,3%), mentre diminuisce l'importanza attribuita alle attività «rivolte sui mercati oltre confine» (da 12,1% a 8,3%). In flessione anche la percentuale di imprese che ha indicato la «riduzione del personale» (da 7,8% a 6,0%). Alla domanda su cosa renda la loro attività meno competitiva qui in Italia rispetto a quella dei propri concorrenti, le imprese anche questo semestre hanno indicato al primo posto la «pressione fiscale», anche se in lieve flessione rispetto a sei mesi fa (da 30,2% a 28,8%), seguita dal «costo del lavoro» (che invece aumenta dal 25,4% al 26,4%) e dalla «complessità normativa e burocratica» (dal 20,9% al 19,8%).

La richiesta di riduzione delle tasse
Alle imprese del campione infine, è stato chiesto di indicare quale azione il Governo regionale dovrebbe mettere al primo posto per uscire dalla crisi. Anche per questo semestre al primo posto viene indicata la «riduzione delle tasse su impresa e lavoro» con il 62,6%, sebbene in flessione rispetto al precedente 66,9%. Di conseguenza le altre azioni hanno percentuali quasi irrilevanti: eliminare sprechi PA 11,8%; agevolare concessione del credito 5,5%; semplificare procedure burocratiche 5,5%; combattere evasione fiscale 4,7%. All'incontro sono intervenuti, tra gli altri, l'Assessore allo Sviluppo Economico e Attività produttive della Regione Lazio, Guido Fabiani, e il Presidente della CCIAA Roma, Lorenzo Tagliavanti.

(con fonte Askanews)